Nel 1972 la giunta provinciale di Trieste deliberò la vendita del cavallo in dotazione dal 1959 all’Ospedale psichiatrico San Giovanni e addetto al trasporto di biancheria, rifiuti di cucina e altro materiale, decidendo di sostituirlo con un motocarro.
Questa azione di esclusione parve così ingiusta ai ricoverati del San Giovanni che lettera marco cavallo al Presidente della Provincia di Trieste firmata dallo stesso Marco Cavallo, nella quale fu il cavallo in prima persona a spiegare le proprie ragioni di riscatto e ad offrire una cifra per evitare il mattatoio ed il conseguente suo mantenimento sino alla morte in un box dell’ippodromo di Trieste.
La proposta venne accettata e per festeggiare si decise di costruire una grande scultura di legno e cartapesta che sarebbe diventato il nuovo Marco Cavallo. Lo scultore Vittorio Basaglia cugino di Franco diresse concretamente i lavori. Non furono quindi i “matti” a costruire il cavallo ma furono loro a dargli concretamente un’anima.
Decisero che gli zoccoli dovevano essere forti per permettergli di correre fuori dalle mura di cinta, che gli occhi fossero posizionati in alto per poter guardare lontano e di non sbagliare strada; che il collo fosse dritto e muscoloso per non doversi piegare mai. Fu anche deciso che il so colore doveva essere l’azzurro come il cielo, come il mare, come la libertà. Quanto alla pancia doveva essere grande per contenere tutti i desideri.
Il modo in cui Marco Cavallo acquisì la sua libertà fu simbolico: quando la scultura fu terminata e montata su rotelle era divenuta talmente grande da non passare per la porta principale dell’ospedale psichiatrico dove era stato costruito.
Dopo qualche momento di sconforto al pensiero che Marco Cavallo sarebbe rimasto prigioniero di quella stanza così come i matti erano rimasti prigionieri nei loro reparti per tanti anni, si decise che se la porta era troppo piccola bisognava tirarla via.
E così giù la porta e con la porta il telaio e con il telaio il muro. Era il primo muro che saltava.
Era il 25 febbraio 1973 e Marco cavallo fece la sua prima trionfale uscita in città seguito da un corteo di matti, poveri cristi, bambini e sbandieratori. Alla fine furono più di cinquecento a far festa a quel cavallo turchino.
Nasce così la figura “simbolica” del cavallo Azzurro che per anni porterà in giro per il mondo i messaggi di speranza di chi sino ad allora le speranze le aveva perdute, insieme alla dignità ed i propri diritti civili.
E’ la storia della libertà riconquistata dagli internati, ricordata annualmente nella Giornata mondiale della salute mentale (10 ottobre). Testimone di una svolta epocale, il cavallo è l’evidenza della «possibilità» riaffermata contro il destino segnato ed ineluttabile della malattia mentale, come di ogni altra condizione umana di oppressione, di fragilità, di limitazione di libertà.
Forse è per questo che non ha mai smesso di viaggiare…
Federica Montaldo
Operatrice di Equitazione Integrata® EQUITABILE®
che bella storia di speranza e coraggio…si necessita di queste storie…