In un precedente articolo abbiamo accennato a specifiche tecniche di ippoterapia particolarmente rivolte alle disabilità motorie senza soffermarci abbastanza sulle procedure più importanti specificamente rivolte ai deficit intellettivi, relazionali e comportamentali, ricordando che non è possibile creare una separazione netta di queste attività in relazione alle differenti patologie. Queste diversificazioni sono state volutamente create per comodità divulgativa.
Nei disturbi psicomotori le tecniche di ippoterapia possono permettere di ripercorrere le tappe dello sviluppo del giovane praticante, della sua acquisizione ed integrazione dello schema corporeo (ivi inclusa la presa di coscienza delle sue parti del corpo, gli emi-soma) e della presa di coscienza e conseguente rappresentazione grafica della propria immagine corporea.
Non solo, è inoltre possibile iniziare a prendere consapevolezza di sé ed anche attraverso l’interazione con gli altri: all’interno dello spazio cintato del maneggio è quindi incentivato quel desiderio di scoperta e conoscenza dell’ambiente e del suo protagonista principale, il cavallo. Questo conduce il praticante a vivere nel qui-ed-ora, implicando una certa capacità decisionale, quindi partecipativa, e favorendo l’orientamento spazio-tempo.
Inoltre, la relazione con il cavallo va a sviluppare la propriocezione sensoriale oltre a rafforzare l’autoaffermazione personale e la capacità a discriminare le situazioni, favorendo l’autoattivazione ed una decisionalità congrua ed efficace.
In ambito più squisitamente psicologico-relazionale le tecniche di ippoterapia vanno a porre le basi per creare situazioni facilitanti atte a far emergere gli aspetti più intimi ed emozionali per poi sostenere il giovane cavaliere ad esprimere quanto vissuto, stimolando le abilità non solo verbali, ma anche intellettivo-mnemoniche, cognitive ed attentive.
Dai fondamenti della psicomotricità è quindi possibile lavorare sullo sviluppo delle competenze residue e passare dalla condizione di un corpo puramente percepito alla consapevolezza delle sue potenzialità ed efficacia nelle differenti situazioni proposte.
In sintesi, è questo il “vissuto” che si va ad integrare nell’evoluzione psicomotoria di un soggetto debole: le deprivazioni che hanno determinato tratti disarmonici vengono in un certo senso colmate con esperienze positive e facilitate che possano costruire un percorso di progressiva abilitazione.
Soprattutto in queste aree di intervento le tecniche di ippoterapia debbono essere intimamente concatenate e sequenziali ad una progettazione individualizzata che sempre più guarda la persona nella sua globalità; i ritorni, quindi le risposte che saranno espresse durante le proposte confermeranno con i fatti l’efficacia della proposta fatta dal tecnico.
L’efficacia di questi interventi è soggetta a due importanti fattori:
- il piacere nella relazione con il cavallo e nell’attivazione per provvedere ai suoi bisogni
- l’abilità dell’operatore non solo tecnica ma, soprattutto empatica nel sostenere ed accompagnare (sempre senza sostituirsi) il giovane praticante in questo percorso di apprendimento ed abilitazione informale.
Lo scambio empatico con il cavallo: una risorsa per l’ippoterapia.
Si evince che la relazione è alla base di queste tecniche di ippoterapia: senza il coinvolgimento emozionale, una disponibilità-predisposizione alla relazione, la scintilla della novità ed il piacere di vivere l’incontro con il nobile animale il tutto si ridurrebbe ad una forzatura che nel giro di poco tempo porterebbe alla conclusione dell’esperienza.
La progressione è un elemento imprescindibile. La calma e pazienza del tecnico nel proporre attività ed il coinvolgimento di cavalli idonei per indole e mole possono sciogliere le paure più profonde ma non solo: sono il fondamento per raggiungere quelle competenze che spesso risultano ostacoli insormontabili sul piano emotivo.
Il riferimento va al montare a cavallo. Non si pensi infatti che dopo una lezione introduttiva i nostri ragazzi montino (o vogliano montare) a cavallo per iniziare a volteggiare come moderni cow-boy o nuovi super-eroi…
Il raggiungimento della prima salita in sella (così come del lavoro autonomo, senza la presenza di un assistente che tiene il cavallo) è un percorso più o meno lungo, certamente soggettivo, che prevede alcune tappe imprescindibili e particolarmente importanti per il raggiungimento di solidi obiettivi in totale sicurezza.
Sebbene non rientri nelle vere e proprie tecniche di ippoterapia ma è a tutti gli effetti la prima tappa di qualunque progetto rieducativo di tipo equestre, l’avvicinamento al cavallo ed il lavoro a terra sono la sintesi di un ventaglio di opportunità (educative, esperenziali, abilitanti, emotive, relazionali, ecc.) che non hanno concorrenti in altre iniziative psicomotorie e rieducative in genere.
Questo grazie alla presenza di un essere vivente –il cavallo, appunto- che richiama ad intime pulsioni, evoca sentimenti di libertà e magnificenza, ma soprattutto attrae per le sue caratteristiche intrinseche.
Come tutte le attività dove vi è la presenza di un animale emotivamente coinvolgente si innescano potenzialità insperate: questo conduce a modificazioni comportamentali, attivazioni, espressioni di reciprocità e comunicazioni che spesso sono alla base delle difficoltà del soggetto, sviluppando quelle referenze (i cambiamenti comportamentali) che solo la presenza di un animale mediata da un competente tecnico di riferimento può così facilmente agevolare.
Con il cavallo per essere più a contatto con la realtà…
Relativamente alle patologie che conducono ad una più o meno accentuata disgregazione della realtà, come le psicosi fino a giungere alle sindromi autistiche, le procedure e tecniche di ippoterapia puntano a lavorare per incentivare la relazione naturale che il cavallo manifesta con qualunque nuovo compagno umano, mantenendo molto forte l’attenzione sulla realtà per come oggettivamente si presenta agli occhi del giovane cavaliere.
Il contesto di intervento non giudicante e soprattutto “amichevole” mette in condizione l’utente di gestire l’ansia e le emozioni nel relazionarsi con un mondo -il nostro- percepito come aggressivo ed estraneo favorendo altresì l’interazione con lo stesso quadro tecnico (triade relazionale).
Il maneggio è un contesto che favorisce anche la socialità: l’aspetto interattivo con il cavallo deve inderogabilmente (e se vi sono i presupposti sulla base delle soggettive caratteristiche del praticante) prevedere l’evoluzione allo stimolo relazionale con gli altri.
Da questo punto di vista è possibile convogliare ed agevolare uno scambio sempre meno mediato dalla figura di riferimento per incentivare una vita partecipativa più intensa anche fuori dai contesti cosiddetti “protetti”.
Il tema delle tecniche di ippoterapia viene a questo punto ricalibrato con un nuovo concetto: quello dell’utilizzo delle basilari tecniche equestri adattate per facilitare la partecipazione attiva del praticante con bisogni speciali, fino a raggiungere quell’inclusione in un gruppo allargato che porti il singolo ad essere accolto, accettato e -qualora sussistano i presupposti- pienamente incluso in una ripresa equestre più numerosa anche alla presenza di cavalieri normodotati.
[…] non completano, questo tema sulle tecniche di ippoterapia applicate ad alcuni tipi di deficit. Nel seguente articolo è possibile delineare ulteriori considerazioni […]