Spesso chi si avvicina all’equitazione integrata si pone una serie di quesiti focalizzati soprattutto sul grande protagonista dell’ippoterapia –il cavallo, appunto- e sulle caratteristiche che più lo rendono idoneo a contribuire al benessere delle persone in difficoltà.
C’è da premettere che uno dei primi ostacoli da superare è quello di chiarire le differenti aree di intervento dove l’apporto del cavallo fornisce un determinante contributo; solo a quel punto si potranno definire le qualità che maggiormente vengono ricercate.
Il mondo della riabilitazione equestre parla di Terapia con il Mezzo del Cavallo (T.M.C.): questo termine potrebbe apparire come un freddo e goffo tentativo per relegare l’intima natura dell’animale a semplice “strumento”, disconoscendolo in quella complessità comunicativa ed emozionale che lo ha sempre caratterizzato nel rapporto con l’uomo e che è alla base del lavoro nel sociale.
Sebbene i contesti riabilitativi concentrino gran parte delle attenzioni sul movimento che la “macchina cinetica” cavallo fornisce nelle stimolazioni cosiddette “afferenti” (e sulle risposte neuromotorie che il paziente-cavaliere interiorizza) rivolte a persone con deficit motori, la globalità del rapporto con l’animale non va a perdersi nel suo senso più profondo.
Se nella terapia la comunicazione cavallo-cavaliere è prevalentemente di tipo cinetico/motorio, la rieducazione equestre focalizza le sue attenzioni sull’interscambio comunicativo ed affettivo empatico, dove le valenze referenziali del rapporto con l’animale contribuiscono maggiormente allo sviluppo degli aspetti cognitivi, emozionali e relazionali.
Quando le attività promosse hanno obiettivi che inducono alla generalizzazione delle competenze e dove l’occasione di confronto con “gli altri” è strumento di conoscenza ed accettazione reciproca, queste attività assistite divengono Equitazione Integrata, rientranti nella sfera educativa e ricreativa del pre-sport.
Detto questo gli “strumenti” utilizzati nelle differenti aree di intervento dovranno avere peculiarità che più si adattano alle particolari attività proposte, seguendo una programmazione ed un tipo di intervento ben specifici in virtù delle caratteristiche dell’utente finale.
Morfologia, indole e mole del cavallo da ippoterapia
Da anni validi esperti hanno contribuito ad elaborare linee comuni che potessero dare una risposta esaustiva a queste necessità, spesso pubblicando studi scientifici con indicazioni molto complete sulle caratteristiche ideali che dovrebbe possedere un cavallo per lavorare con i disabili.
Questi studi concentrano i loro obiettivi sull’individuazione della migliore morfologia in grado di suggerire i movimenti più apprezzati sul fronte riabilitativo: altezza al garrese, frequenza del passo, larghezza della groppa o del petto, proporzioni degli arti…
In linea di principio, le caratteristiche fondamentali ritenute efficaci per una buona proposta riabilitativa possono essere sintetizzate nel seguente elenco:
– Una taglia medio – piccola con altezza non superiore ai 150-155 cm, per agevolare il lavoro dell’operatore;
– garrese non eccessivamente pronunciato ed allineato alla groppa, per non determinare danni alla spina dorsale del cavaliere;
– incollatura larga e muscolosa, per fornire maggior sicurezza al praticante e proporzionata al resto del corpo (nel movimento infatti quest’ultima diventa un “pendolo oscillante” che varia la distribuzione del peso ed il posizionamento del centro di gravità del sistema cavallo-cavaliere);
– la scapola dovrebbe essere piatta, lunga ed inclinata di circa 45-60°. Una scapola troppo dritta renderà il passo corto, trasmettendo un movimento disarmonico e rigido;
– la spalla dovrà essere obliqua, con angolo scapolo-omerale di 55°, per garantire una maggior ampiezza di movimento e per fornire un passo percepito come “morbido” o dolce;
– groppa larga, il più possibile vicino al piano orizzontale, per facilitare le traslazioni sul piano sagittale;
– arti anteriori e posteriori sicuri e solidi, esenti da lesioni o traumi (zoppie) che possano pregiudicare la fluidità del movimento stesso
– appiombi allineati, con il pastorale tendente al “lungo giuntato” per determinare un buon ammortizzamento e, di conseguenza, una maggiore elasticità di andatura;
– la schiena forte e ben proporzionata per garantire una stimolazione in linea con gli impulsi tridimensionali che mimano deambulazione umana per ritmo, ampiezza e spostamenti dell’equilibrio;
– età non inferiore ai 8/10 anni, perché i soggetti più giovani hanno un temperamento vivace e necessitano di un periodo d’addestramento più lungo;
– per quanto riguarda il sesso possono andare bene sia le femmine che i castroni.
Tantissime variabili che troppo spesso rischiano di rimanere inesorabilmente sulla carta e idealizzare soggetti praticamente inesistenti!
E’ chiaro che ben poche realtà in Italia riescono a sintetizzare tutte queste variabili in un unico servizio per cause oggettive, la gestione economica del tutto in primis.
La situazione ideale deve purtroppo venire a patti con la dura realtà: bisognerebbe avere a disposizione un parco cavalli sufficientemente ampio per poter assecondare le singolari esigenze dell’utente finale.
Un cavallo più alto e massiccio per portare i cavalieri più pesanti; un cavallo stretto di torace per agevolare coloro che presentano problemi di divaricazione degli arti inferiori; un cavallo dal movimento elastico per lavorare sulla facilitazione ed inibizione della spasticità per i soggetti ipertonici; un soggetto “dritto giuntato” per stimolare i soggetti ipotonici; un pony per i più piccoli…. almeno cinque cavalli differenti per mole, età e proporzioni. Probabilmente un enormità pensando alla gestione del tutto!
Questi soggetti dovrebbero inoltre essere tenuti in allenamento e lavorati -prima e dopo le sedute- nella modalità più completa possibile per mantenere il loro potenziale elastico e cinetico, come qualunque cavallo sportivo; dovremmo avere le necessarie disponibilità economiche per acquistare (e mantenere dignitosamente) i “migliori colleghi” possibili, non certamente animali anziani con i vissuti tra i più diversi, magari donati all’ippoterapia perché unica soluzione al macello…
C’è da dire che molti cavalli non ritenuti idonei si rivelano degli ottimi colleghi di lavoro, seppur non pienamente rispondenti ai canoni morfologici sopradetti; tutte le caratteristiche citate si riferiscono ad attività finalizzate al recupero motorio delle persone con disabilità: se l’utente presenta differenti deficit, riconducibili alla sfera intellettiva o relazionale ad esempio, è possibile derogare da molte di queste variabili.
Personalmente sono molto più attento all’indole e al carattere del soggetto con il quale andrò a lavorare: questo per garantirmi e garantire alti livelli di sicurezza ed affidabilità. Non sempre l’età dell’animale è direttamente proporzionale alla sua affidabilità ma è un elemento da considerare molto bene: un cavallo esperto che non presenti evidenti vizi potenzialmente pericolosi o comportamenti dettati da maleducazione, spesso può “salvare” certe situazioni impreviste, grazie alla sua esperienza di vita…
Accontentarsi del “primo cavallo che capita” sarebbe alquanto superficiale e sintomo di scarsa cultura equestre; molti cavalli appaiono mansueti e placidi perché il “professor dolore” o la denutrizione suggeriscono comportamenti miti: la salute -anche psicologica- dell’animale è un elemento fondamentale per la sicurezza ed affidabilità di cui sopra!
Diventa così importante conoscere molto bene il soggetto che si intende coinvolgere nelle attività, gestendolo e preparandolo al meglio, alternando lavoro montato o alla corda con le attività di rieducazione equestre vera e propria, permettendogli inoltre un certo periodo di svago all’aria aperta.
Per concludere, anche un cavallo mediocre, se montato e ginnasticato con regolarità e consapevolezza, può rivelarsi valido ed efficace alla pari di un cavallo morfologicamente idoneo, permettendo una importante resa in stimolazione motoria senza dover investire enormi cifre che spesso –nel Sociale come nell’equitazione in generale- non rientrano.
condivido pienamente il discorso sulle caratteristiche morfologiche ideali x l’ippoterapia e l’indole caratteriale del cavallo.
il testo è stato molto chiaro ed efficente seppur esistono studi basati sulle varie misurazioni del cavallo definiti per avere un rendimento massimo nelle attivita e terapie assistite con essi,sappiamo tutti che nn esiste un cavallo ideale ciò nn toglie che per la scelta di un cavallo bisogna avere le competenze e le conoscenze di anatomia e etologia del cavallo, esistono cavalli così come esistono persone,ci si sceglie a vicenda e sopratutto ci sono i rapporti alla base di una terapia,nn a tutti serve salire sul cavallo!!!,l importante è conoscere i propri animali ,prevedere le loro mosse quanto piu possibile per evitare incidenti inutili…cosi come le attività e terapie assistite con cani;leggende metropolitane prediligono delle razze rispetto ad altre, invece è più opportuno dire che alcuni cani(di razza e non) vanno bene per un deterimato tipo di utente ed altri per altri tipi di utente,quindi come dice il professore piu animali,più campo d applicazione + solidarietà verso il prossimo…bella documentazione!
Leggo con vivo interesse il nuovo articolo sul cavallo ideale per l’eq. integrata e finora ho potuto verificare che davvero l’indole dell’animale orienta la scelta dell’operatore circa il suo utilizzo. Ho potuto anche verificare, però, che cavalli utilizzati nell’eq. agonistica, quindi addestrati, ginnasticati, abituati a campi di gara, ma… rispettati, sono stati impiegati con buoni risultati anche per l’eq. integrata. Non si tratta di ambiti equestri incompatibili, che non si possono incontrare. Anzi, gli animali, da questo punto di vista, sanno dimostrare una versatilità che altrove non si trova.
Credo comunque, che l’esperienza dell’operatore sia di fondamentale importanza nella scelta e nella preparazione dell’animale, come nella mediazione uomo-animale: la consapevolezza che può “mettere in campo” un operatore (o un operatore-istruttore) diventa talento nel rapporto empatico uomo-animale.
Ottimo articolo, pienamente d’accordo su tutto.
In effetti il cavallo “giusto” si ricerca sempre, ci si arrovella nel pensare che caratteristiche deve avere o meglio quale è la prima caratteristica, la piu’ importante. Direi che una guida di questo tipo cioè molto chiara aiuta molto.
Domanda: C’è in assoluto una razza adattissima? ho sentito parlare bene degli avelignesi. Vanno bene anche per persone adulte di Kg120 ?
Grazie Giorgio… e grazie ai tanti amici che ci stanno dando un grande ritorno su questo argomento anche via mail!
Direi che il cavallo avelignese potrebbe realmente essere una valida scelta nelle attività assisitite (non per altro abbiamo proprio messo in testa all’articolo un’immagine di questi splendidi amici al galoppo!).
Questo per almeno quattro ragioni fondamentali:
1) alcuni soggetti possono realmente avvicinarsi sul fronte morfologico alle necessità della riabilitazione equestre ed il loro acquisto è veramente contenuto, anche se bisogna sapere dove e quando andare a comprare;
2) sono cavalli rustici che non richiedono enormi spese di gestione: io dico che ingrassano anche con ” le promesse elettorali”. Per questo motivo bisogna stare molto attenti a bilanciare l’alimentazione con l’effettivo lavoro per non rischiare laminiti o eccesso di peso, che li rende alquanto sgraziati;
3) sono animali molto stabili dal punto di vista caratteriale e si rivelano seri nel lavoro già da puledroni, anche se non si può mai fare una generalizzazione spinta poichè ogni soggetto è un mondo a se. Per esperienza gli avelignesi o sono bravi-bravi o sono ignoranti-ignoranti. Non c’è la via di mezzo… Ma sono veramente predisposti all’apprendimento e all’attamento nelle differenti situazioni.
4) arti forti (questo riduce le potenzialità di zoppie varie, e ridurre le consulenze veterinarie piace a tutti…) e unghie durissime: ulteriore vantaggio per ridurre le spese di maniscalco (le pareggiature sono però indispensabili!!!) ed i rischi di calci “armati” verso i nostri utenti che troppo spesso vengono calamitati dal posteriore dell’animale per passare da un lato all’altro di esso!
PUNTO A SFAVORE: purtoppo il garrese troppo spesso “piatto” e poco pronunciato che non aiuta nella stabilità della sella, soprattutto per i cavalieri che tendono a perdere l’equilibrio da una parte. Molti credono che tirando inverosimilmente le cinghie del sottopancia si possa risolvere il problema: non è assolutamente vero. Inoltre non è questa una scelta furba per il benessere dell’animale…
Hai ragione Roberto gli avelignesi sono ottimi, io ne ho una con un carattere fantastico, curiosa ed intelligente….putroppo hai ragione anche nel punto a sfavore ma io ho parzialmente risolto con le selle con arcione regolabile, è la sella che si deve adattare al cavallo non il contrario
io adoro i/le bionde tipo “vecchio”, ovvero non troppo arabizzate – con il risultato di essere snelli ed agili ma anche più nevrili. Ci sono alcuni cavalli di questa razza però che hanno un trotto massacrante e bocche dure supportate da colli muscolosissimi – quindi un problema per chi magari non ha un assetto profondo in sella, un buon comando del proprio peso -come aiuto- gambe attive e una mano che dialoga…insomma…bisogna vedere che avalignese è e quanto vuole cooperare come terapeuta…e sono d’accordo…sono angelici o insopportabili!
interessante come sempre, da profana devo sempre imparare ed incamerare notizie utili per il futuro, grazie
complimenti per l’argomento e la docum. proposta.
per la mia esperienza tutto può essere importante nei dettagli ed a volte anche niente perchè molto dipende dalla situazione che si vive in quel preciso momento (talvolta inattesa) e dall’utenza che si presenta.
ciò che ho imparato negli anni è che il cavallo, in quanto animale molto sensibile, spesso diventa ideale alle nostre esigenze anche grazie all’abitudine “che gli imponiamo”di vivere certe esperienze e a cui prima non era abituato. e poi soprattutto il cavallo ideale quasi mai ce lo possiamo permettere!!
grazie GIULIA
Sono pienamente d’accordo e mi compiaccio per l’articolo che è stato scritto. I parametri di valutazione morfologici, età, tipo di addestramento regresso del cavallo, portano a determinare indubbiamente i requisiti fondamentali di un equide e a chiarire quali possono essere i requisiti per un suo impiego nelle attività di riabilitazione equestre.
Navigando su internet però, pochissime volte si ricorda con fermezza quali NON sono i requisiti che rendono il cavallo idoneo per tali attività. Spesso si vuol regalare cavalli sfruttati o malati (ciecità ad un occhio, zoppie gravi ad un arto o ad ambedue gli arti), purosangue da corsa, puledri appena svezzati e lasciare intendere che siano idonei magari per attività sociali in genere. Sicuramente secondo il mio punto di vista, posso essere tali soggetti adottati ma non rinseriti in attività riabilitative, lasciando indubbiamente spazio alle eccezioni che confermano la regola. Indubbiamente patologie non gravi fanno si che il cavallo possa essere inserito in tali attività, ma a tutto ci deve essere un limite. Spesso tali tentativi di donazioni a Cooperative Sociali o a centri Equestri che fanno della riabilitazione il proprio punto di forza, sono solo per sbarazzarsi di un problema e farlo passare come un opera di solidarietà. Andrebbe sottolineato maggiormante che i cavalli giovani spesso a causa di uno scarso addestramento, scarsa esperienza o di maggiore temperamento rispetto ad un cavallo anziano ed esperto, non sono idonei. Inoltre spesso non si valuta attentamente il fatto che un cavallo sospettoso che si pone in tal modo negli approcci a terra con l’utente, porta lo stesso ad avere diffidenza del cavallo in generale e spesso la paura compromette un approccio relazionale positivo che determini poi un binomio. Ciao Carlo
Ho letto con interesse l’articolo sulle caratteristiche del cavallo ideale come co-terapeuta nelle attività con le persone disabili: concordo sul fatto che spesso le risorse non consentono di avere un parco cavalli che soddisfi tutte le esigenze degli utenti!
Io sto lavorando ad un progetto di ricerca sull’utilizzo del cavallo di razza delta-camargue nella riabilitazione equestre, promosso dall’Università di Bologna e dall’Ente Parco del Delta del Po della Regione Veneto.
Il progetto comprende la preparazione e l’impiego di un soggetto di 4 anni col quale stiamo lavorando da qualche mese. Per ora siamo entusiosti di come risponde all’addestramento, mostrando doti non comuni di equilibrio, serietà, collaborazione e rispetto.Chiaramente un soggetto non fa testo, ma in generale si tratta di un tipo di cavallo rustico, robusto, equilibrato e morfologicamente compatibile con l’impiego nelle T.M.C. .Sto facendo anche una mappatura della diffusione di questi cavalli nell’ippoterapia. Sarei grata a chiunque volesse darmi notizie e anche a chi volesse contattarci per sapere di più sul nostro lavoro.
Ciao a tutti e complimenti per il lavoro che continuate a fare! Personalmente se non conosco bene il carattere di un cavallo non puo’ essere un mio collega di lavoro, sono assolutamente in accordo sul fatto che le caratteristiche morfologiche sono importanti ma non sempre fondamentali—
Io lavoro con i miei due cavalli, quarter-horses castrone e femmina per cui dalle dimensioni ridotte ma stabili ed affidabili, entrambi piu’ di dieci anni ma in buone condizioni fisiche e psicologiche. Si svagano in paddock e mi portano in passeggiata, in campo sono diversi caratterialmente per cui tendo ad associare il cavallo piu’ adatto al cavaliere con cui sto lavorando. Quando mi rendo conto che sono un po’ stressati, cerco di dare loro un po’ di riposo e svago in piu’. Alla base di tutto penso ci sia la fiducia, il rapporto che si crea tra cavallo-cavaliere-operatore, senza tralasciare le regole base ovviamente!
Ciao a tutti,
mi sembra che avete colto le problematiche principali:
– difficoltà ad avere tutti i requisiti morfologici
– non sempre questi sono associati ad un indole idonea
– ogni utenza richiede caratteristiche diverse
– ogni cavallo presenta caratteristiche peculiari
– tipologia di operatori in campo (loro esperienza nel campo etologico)
Personalmente dopo essermi scontrata con diverse soluzioni e realtà, ho optato per una scelta per me più etica, dissociandomi dalle politiche del commercio di cavalli, recuperando animali reputati da altri “impossibili” ma portatori di un’intelligenza e sensibilità superiori (capaci di reagire a situazioni di stress intollerabili) o fisicamente finiti (secondo i loro parametri)
Sicuramente non è la soluzione più facile ma mi è sembrato così di riuscire a svolgere un doppio servizio e mantenere sempre la mia mente aperta a nuove soluzioni (ciascun “caso” deve essere trattato a se, non esiste “portocollo”); questo stesso atteggiamento mi permette di scoprire nella disabilità le “abilità” su cui fare leva per il cammino di recupero
Un caro saluto
La cosa principale è sicuramente la relazione che si instaura tra cavaliere e cavallo, tutti questi aspetti citati sicuramente importanti vengono dopo. A presto
mi sento di aggiungere un focus che sarebbe magari interessante approfondire, e cioè che ogni cavallo, essendo destro o sinistrorso, atteggia il suo andare adattando le sue asimmetrie sia in rapporto alla gravità sia in base alle asimmetrie del corpo ad esso sovrapposto: l’uomo, per l’appunto, sia esso disabile o presunto normale. uno spunto per ciascuno di noi a scegliere, nel nostro mestiere, anche in base a questo definentissimo fattore.
Ciao, mi ha fatto un’enorme piacere esser contattata anche solo per una mia opinione, che vi darò volentieri, leggerò l’articolo con attenzione e Vi darò il mio pensiero. Grazie della considerazione nel frattempo!! :o)
Ciao, personalmente penso che, prima di tutto bisogna considerare e vautare il cavallo in base alla sua indole e al suo carattere e poi le qualità morfologiche. Se queste poi, sono quelle previste…siamo a cavallo!!
Ho letto con interesse e piacere il vostro articolo, anche se ne capisco molto poco di caratteristiche e morfologie ideali dei cavalli. Mi trovo in questo ambiente, perchè ho una figlia che “ama” il cavallo e soprattutto il suo cavallo. Ho personalmente percepito il suo malessere quando non è riuscita a creare quel feeling necessario tra lei e il suo secondo cavallo tanto da decidere di cambiarlo dopo 8 mesi solo perchè non riusciva a “provare” quella sensazione necessaria per creare una sintonia. Ilmio campo è quello della scuola, sono una docente, specializzata tra l’altro per gli alunni diversamente abili. onosco, quindi, la problematica non solo dell’handicap ma anche quella della caratterialità e del disadattamento. Ritengo che questo ambito di intervento sia di valido aiuto proprio per riuscire a creare nel soggetto quel canale di comunicazione senza il quale egli stesso non riuscirà mai a trovare l’equilibrio con l’ambiente che lo circonda. Credo molto in questa attività di sostegno e ringrazio voi che cercate di far conoscere quello che fate anche a chi non appartiene al vostro mondo. Se si riuscisse a lavorare insieme per la formazione dei ragazzi sarebbe tutto più bello. Noi però almeno ci proviamo.
credo che sia comunque utile conoscere le caratteristiche morfologiche dei cavalli con cui lavoriamo, anche con la consapevolezza che il cavallo ideale non esiste, esiste quello reale e meno male che è così.
aggiungo che secondo me sarebbe utile uno studio altrettanto accurato della personalità del cavallo, dire che il cavallo deve essere equilibrato non basta, ogni cavallo ha il suo carattere e le diversità dei tratti di personalità pesano sulla relazione del binomio
io lavoro in psichiatria e ad esempio con alcuni pazienti mi trovo meglio con cavalli vivaci e reattivi, piuttosto che con animali più freddi, con altri pazienti (o con gli stessi in fasi diverse) è il contrario
qualcuno sa dirmi se esistono delle ricerche in quest’ambito?
grazie e saluti a tutti
Da quanto scaturito dalla mia trascorsa e attuale esperienza lavorativa e dalle mie qualifiche al riguardo, il contenuto del testo esprime in modo chiaro le definizioni principali inerenti le caratteristiche primarie della rieducazione equestre. Uno degli aspetti salienti che andrebbe inoltre trattato assieme al soggetto in esame, riguarda il ruolo del cavallo co-terapeuta e il progressivo rapporto di fiducia interattiva che costituisce le basi per un ottima terapia. Vorrei aggiungere una divagazione utile: Grazie per il vostro costante impegno; anche io cerco nel mio piccolo e assieme ai collaboratori ogni giorno di promuovere queste argomentazioni che hanno fondamento scientifico e sociale, purtroppo non ancora condiviso da molti ‘medici conservatori’. Contattatemi per qualsiasi cosa….GRAZIE A VOI TUTTI!
davvero un articolo molto interessante, completo e dettagliato. la morfologia è di certo importante, ma un cavallo docile e ‘complice’ specie con i bambini e qnto di meglio si possa augurare!!!
sono d accordo con alcuni interventi appena letti..sicuramente ci saranno requisiti caratteriali e morfologici ottimali ma ho avuto l’occasione di vedere alcuni cavalli cosidetti di recupero,ovviamente attentamente preparati,dare grandi prove.complimenti x l’articolo
Non mi stanco mai di leggere, ripassare e riflettere su tale tematica. Articolo conciso, diretto e chiaro. Secondo il mio modesto parere il cavallo “ideale” non deve dare sicurezza solo ai ragazzi con cui lavoriamo, ma anche a noi che siamo l’anello di collegamento fra le due realtà.I ragazzi osservano tutti i piccoli gesti, le piccole smorfie,che facciamo fuori e dentro al campo di lavoro. Si affidano molto anche a noi e se notano una modifica dei nostri abituali atteggiamenti vanno in “allerta”. Questo per dire che le caratteristiche morfologiche,caratteriali, etc.del cavallo vanno prese in considerazione anche per l’operatore;ci deve essere una buona proporzione di altezza fra cavallo e operatore per lavorare al meglio e in maggior sicurezza. Roberto ti è mai capitato di vedere una tua collega lavorare con un cavallo più alto del dovuto e di notare delle difficoltà di gestione del ragazzo in sella?
sono totalmente d’accordo con l’articolo;la riabilitazione equestre è un campo complesso e poliedrico, chi lavora nel settore deve avere oltre che un ottima conoscenza teorico-pratica della riabilitazione edel cavallo in sè, molta adattabilità e capacità di reinventarsi ogni momento. inoltre se pur vero tutto cio che riguarda i canoni del cavallo ideale, solitamente il cavallo giusto è quello che hai…..
spero ci siano altre occasioni di confronto tra professionisti e non.
grazie per l’opportunità
federica ( imperia)
Grazie a te Federica: i tantissimi commenti che stiamo ricevendo ed i riscontri che ci giungono via mail confermano quanto è vivo l’interesse sull’argomento.
Invito tutti voi amici -vecchi e nuovi- a proporci nuovi spunti di riflessione su aspetti particolarmente interessanti o “degni” di attenzione. La partecipazione in questo senso è importante non solo perchè siamo nel Sociale ma, soprattutto, perchè i nostri siti vogliono proporsi come vera occasione di incontro tra “lavoratori del settore”, semplici appassionati o follower sensibili all’argomento.
Se anche tu, Federica, pensi sia il caso di trattare alcuni argomenti in particolare suggerisci pure: tutte le idee ed i contributi sono importantissimi per divulgare e creare nuove potenzialità!
Grazie 🙂
[…] Spesso si pensa –a torto- che per promuovere iniziative di rieducazione equestre sia sufficiente la sola consulenza di un terapista specializzato: i centri equestri, avendo già a disposizione cavalli “della scuola”, si limitano ad individuare i soggetti ritenuti “più idonei” perché di indole pacifica o vecchi… e qui bisognerebbe aprire una lunga parentesi sul tema cavalli da ippoterapia… […]
[…] è semplice avere a disposizione cavalli dalle caratteristiche morfologiche ideali per la rieducazione equestre: è comunque relativamente semplice mettere in condizione di […]
[…] cavallo e le sue possibili reazioni fanno la loro bella parte tanto da meritare specifiche considerazioni; per semplificare il ragionamento ipotiziamo di includerlo all’interno dell’ambiente […]
[…] soprattutto quelli cosiddetti “migliorati”, rispondono alle caratteristiche morfologiche del cavallo ideale per l’ippoterapia, garantendo non solo un’altezza al garrese adeguata, ma anche movimenti certamente plastici ed […]
Mi è capitato di vedere lezioni di ippoterapia. Ho visto solo cavalli vecchi, denutriti, sporchi, zoppi, usati in nome dell’ippoterapia. Io stesso ho fatto ippoterapia con soggetto calmo, sano, tranquillo, ma e’ bastato un attimo perche’accadesse un incidente. Sono esperto di cavalli, farei ippoterapia solo con una struttura adatta a salvaguardare in toto ragazzo con handicap. Questo non esiste, quindi preferisco rimandare a tempi piu’ idonei. Francesco