Nelle proposte di ippoterapia per disabili il campo di lavoro è il naturale setting dell’intervento rieducativo ed è opportuno che risponda alle basilari norme di sicurezza con una recinzione idonea e con un fondo sabbioso (in piano e senza buche) che garantisca non solo compattezza ed elasticità del terreno, ma soprattutto un valido drenaggio.
I campi di lavoro possono essere provvisti o meno di copertura: nel primo caso si può dare continuità al servizio, permettendo l’attività equestre anche nei periodi piovosi e nei mesi particolarmente freddi da congelare i terreni rendendoli impraticabili (e caldi da impedire il servizio per timore di colpi di sole).
Il lavoro all’aria aperta -soprattutto nelle belle giornate- incentiva quel contatto con la natura così importante come elemento accessorio agli stimoli da suggerire alla persona debole in sella. Ecco perché l’optimum potrebbe essere quello di avere a disposizione entrambe le strutture per fruire dei punti di forza delle differenti soluzioni in relazione alla differente tipologia dell’utenza da trattare.
Vi sono infatti utenti che, a causa di caratteristiche proprie come difficoltà attentive, ipercinesia o particolari psicosi, potrebbero giovare maggiormente del lavoro all’interno di una struttura chiusa perché più “intima”, con una ridotta esposizione a sollecitazioni esterne negative per il soggetto.
Che si tratti di un maneggio coperto o meno si ritiene importante che questo venga progettato per essere posto in una zona tranquilla dell’impianto, poco soggetta a movimentazioni varie di cose o persone (lontana dai paddock o zone di sgambatura) per mantenere tranquilli i cavalli impegnati nel lavoro ed incentivare la sicurezza delle attività.
La pianta rettangolare è in assoluto la migliore soluzione per un intervento che possa conciliare sia l’aspetto riabilitativo che quello del pre-sport; pur esistendo misure regolamentari per le discipline tecnico-sportive non esistono pronunciamenti specifici rispetto l’ippoterapia.
I maneggi troppo piccoli potrebbero risultare insufficienti nel proporre esercizi ed inadatti nel lavoro ad andature più sostenute come il trotto; al contrario un campo di lavoro particolarmente grande rischierebbe di essere “dispersivo” per l’orientamento del cavaliere e per la sua guida autonoma, oltre ad essere potenzialmente pericoloso perché i cavalli “sarebbero” maggiormente incentivati a “correre” e prendere la mano…
La misura 20 X 40 mt. è quella più utilizzata e ritenuta dalla maggior parte degli operatori del settore la migliore soluzione per un lavoro organico ed in piena sicurezza.
Alcuni centri utilizzano per l’ippoterapia il tondino, una struttura cintata (coperte o meno) a pianta circolare: sebbene possa essere “la soluzione” di fronte all’impossibilità di avere un coperto a costi contenuti, questo tipo di impianto non risulta idoneo a causa della sua particolare pianta e che non fornisce sufficienti punti di riferimento per il cavaliere, incentivando le “chiusure” psicotiche di alcuni cavalieri disabili che rischiano di irrigidirsi nelle loro predisposizioni patologiche.
Si è parlato di punti di riferimento: elementi determinanti per l’orientamento di tutti i cavalieri, maggiormente quelli con difficoltà cognitive per lo sviluppo delle abilità spazio-temporali.
Nel rettangolo 20 X 40 è già evidente la proporzione tra i lati lunghi e quelli corti, spesso sottolineati dal tecnico all’allievo debole attraverso il contare quanti “passi” si possono effettuare (a cavallo o a piedi) su uno e sull’altro lato.
La base rettangolare prevede anche la presenza di angoli, elementi “di rottura” che invitano all’interiorizzazione dei concetti di inizio e fine, con associato il cambiamento di direzione e la variazione dell’equilibrio imposto dal cavallo.
Per assicurarci riferimenti chiari ed immediati diventa fondamentale caratterizzare il campo di lavoro di elementi definiti e, possibilmente, generalizzabili al “normale” mondo della tecnica equestre. Le lettere del rettangolo regolamentare, posizionate lungo i lati e secondo la particolare disposizione (per la quale sembra non esistano riferimenti storici sulla loro sequenza e sul perché di tale definizione) ci vengono in aiuto in questo senso.
In ippoterapia, per aumentare l’efficacia di questi importanti riferimenti si associa ad ogni singola lettera un disegno la cui iniziale riguarda proprio quest’ultima (es. A di Albero, C di Ciliegia, F di Fiore…): in genere questi lavori vengono effettuati proprio dagli stessi utenti nelle attività a terra e successivamente plastificati per garantire maggior durata nel tempo.
Spesso ad ogni singola lettera del maneggio si associa anche un colore per sviluppare ulteriori occasioni di elaborazione cognitivo-relazionale. Ogni lettera diviene così un trittico che comprende non solo il simbolo grafico, ma anche un colore ed un disegno ad essa associati.
Ulteriori strumenti che vengono incontro nel bisogno educativo ed esperenziale del cavaliere disabile riguardano tutto quel materiale accessorio da posizionare nel campo in relazione ai differenti interventi da proporre; l’allestimento del maneggio diventa così un ulteriore elemento di progettazione preliminare agli interventi per un servizio professionale ed organizzato.
Alcuni elementi vengono reperiti proprio in maneggio come barriere a terra, cubotti di plastica (quelli che nel lavoro “normale” vengono utilizzati per creare cavalletti o crocette) o ballette di truciolo (evitare balle di fieno o paglia: l’occasione fa il cavallo affamato!!!), altre hanno provenienza esterna come i coni per i lavori stradali e materiale da psicomotricità (palline, cerchi, clavette, ecc…) oltre a specifici solidi (triangolo, cubo, cerchio..) particolarmente grandi e costruiti appositamente per la riabilitazione equestre per permetterne il loro riconoscimento.
Anche gli ausili per la salita in sella dovrebbero sempre essere a disposizione nelle immediate vicinanze del maneggio; alcune panchette sono costruite per essere facilmente trasportabili anche all’interno del campo in zone riservate e a debita distanza dalle aree di attività pratica. Spesso queste strutture vengono poste lungo la recinzione per non ostacolare con la loro preseenza il lavoro pur agevolando le salite senza la necessità di far uscire il cavallo dal recinto.
Un aspetto di fondamentale importanza che non viene considerato nelle descrizioni dei maneggi per la rieducazione equestre è la club-house: questa non è espressamente parte integrante il campo di lavoro ma risulta una pertinenza determinante per l’accoglienza e per la realizzazione di una serie di attività complementari al lavori in sella.
Il posizionamento di questo locale in prossimità del campo di lavoro permette non solo la comodità per l’utenza e per i tecnici ma potrebbe agevolare l’osservazione dei familiari che espressamente vengono invitati a non essere presenti durante le attività per non disturbare, inibire o distrarre il praticante all’opera.
Fin’ora abbiamo parlato di contingenze tecniche e strutturali riferite al maneggio ideale per l’ippoterapia. Al fianco di tutti questi importanti aspetti dovrebbe essere considerato anche il contesto socio-culturale di chi convive con la nostra attività, in primis la dirigenza e gestione del centro ippico (se il servizio di ippoterapia è in appoggio ad una struttura già esistente) ed i soci del maneggio stesso: la sensibilità e disponibilità di questi soggetti verso il mondo del Sociale farà certamente la differenza colmando le eventuali criticità riferite all’impiantistica…
Complimenti per la sintesi e la completezza su un argomento poco affrontato come quello delle strutture in cui operiamo.
Concordo con quanto detto sull’utilizzo del tondino e sul fatto che è inadatto per quelle patologie per le quali potrebbe indurre un ‘rinforzo di patologia’(psicosi, autismo etc.). Uno spazio molto importante è anche la selleria ambiente in cui è possibile proporre delle attività di pulizia e cura delle attrezzature, occasione per lavorare su motricità fine, concentrazione, memoria. E’ fondamentale che sia un ambiente accessibile, spazioso e ‘centrale’: il focus è sempre più ‘intorno’ piuttosto che solo ‘sul’ cavallo. Specie in ‘ippoterapia’ la struttura in cui lavoriamo costituisce il nostro setting riabilitativo ed è necessario riflettere sulla ‘cornice’ che ci ospita..per questo è opportuna l’occasione che ci date con i vostri post di pensare a quello che facciamo e proponiamo ai nostri ragazzi.
Buon lavoro a tutti.
Fabrizio Giorda
davvero una riflessione sintetica e corposa, seguendo assiduamente questi articoli bisogna ammettere che si hanno conoscenze variegate che prima nemmeno immaginavo, sottolinerei però a volte il lavoro all’aria aperta in soggetti fortemente insicuri o disagiati potrebbe sortire effetti contrari. Ringrazio Roberto genitile come sempre e a tutti voi faccio gli auguri per un buon 2012
Ottime le considerazioni, commenti compresi. Mi permetterei di aggiungere che si dovrebbe prestare particolare riguardo all’accessibilità dei disabili, prevedendo quindi percorsi di accesso facilitati nonchè di servizi idonei. Cordiali saluti
Condivido con tutto quello che ho letto. Ho fatto alcune considerazioni importanti soprattutto con i tetraplegici. Sfrutto molto il campo all’aperto e precisamente un 100x 60 circa. Infatti il ragazzo riesce a mantenere maggiormente la posizione, non dovendo far curvare spesso il cavallo. Ottimi risultati sull’equilibrio e la postura, specialmente quando sono presenti importanti e ripetuti movimenti spastici. Con il tondino si può lavorare poco e solo con pochissimi casi. Per ora un salutone a tutti e auguroni….
come sempre bellissimi argomenti, da poco o seguito in un maneggio qui vicino a casa mia dove c’e tanto di cartello “maneggio ippoterapia” mah per carità li faceva lavorare in un quadrato 10×10 che lo ho contato a passi e ho notato che tutti i ragazzi trovavano difficoltà nel girare col cavallo perché troppo piccolo… poi ho visto il propietario montando a cavallo e ho capito il motivo…. deve cambiare mestiere non sa neache stare su uno di quei cavalli che ha me sembrano poni. non so chi gli avrà dato le autorizzazioni per fare questi lavori. mah gli propongo qualche vostra lettura… e aggiungo un ultima cosa vedere questa persona in sella mi vergogno di esser sardo! perchè qui in sardegna il cavallo e una tradizione e fa parte del popolo sardo. auguro a tutti un buon 2012 pieno di salute fortuna e tutto quello che desiderate auguri
Ciao Roberto, sono daccordo sulle dimensioni del campo, sull’accesso facilitato e sulla idonea preparazione del setting di lavoro ma credo anche nella fondamentale importanza del lavoro sul “contorno” del cavallo, cioè su tutte le attività di un maneggio come la pulizia delle selle e dei vari finimenti e attrezzature, pulizia dei box, dei cavalli e preparazione del cibo… In poche parole far sentire i ragazzi utili e responsabili al pari dei normodotati.
Buon Anno a tutti voi!
Rispetto al maneggio coperto o scoperto posso rendere il mio pensiero… ovviamente da mamma. Ho avuto
entrambe le esperienze e, da mamma, mi ha molto rassicurato quando al centro di ippoterapia oltre ad essere all’interno di una struttura in muratura e legno molto grande, è stato fatto funzionare nei periodi + freddi anche un po’ di riscaldamento. Era piacevole sia x me che temevo
che mia figlia, molto delicata e con recidive da broncopolmonite, potesse avere delle ricadute, sia x lei che viveva l’esperienza con più serenità e meno rigidità data dal freddo.
Crescendo e cambiando centro, abbiamo sperimentato situazioni più aperte ma evitando i mesi di freddo intenso.
Grazie e ancora un Augurio di un anno di serenità x tutti voi!
Emanuela
[…] è indispensabile disporre di una struttura sufficientemente organizzata, non solo sul fronte degli impianti e delle risorse umane (tecnici con differenti specializzazioni, sintesi di competenze integrate per […]
un maneggio per lo svolgimento dell’ippoterapia può essere svolto in zona residenziale?
(?) Se ci sono i permessi adeguati da parte dell’Ente Locale perchè no…