Le andature naturali del cavallo sono passo, trotto e galoppo, sebbene ne esistano altre e poco conosciute (acquisite o artificiali), alcune “imposte” dall’uomo attraverso l’addestramento o la selezione, altre, risultato della modificazione naturale del movimento per esigenze particolari dell’animale. Tra le andature naturali la più utilizzata in ippoterapia è il passo grazie alle sue caratteristiche intrinseche di ciclicità nelle battute cadenzate e ritmiche e per i movimenti tridimensionali imposti al cavaliere disabile che simulano alla perfezione (per ampiezza di falcata e frequenza delle battute sul terreno) la deambulazione umana.
Nella tridimensionalità del movimento del passo la schiena del cavallo diventa un ponte di stimolazione “afferente” particolarmente importante per la persona in sella: avanti e indietro, da un lato all’altro, in alto ed in basso…
Ciò richiede la compensazione di reazioni muscolari di riadattamento per favorire l’equilibrio e la correzione posturale necessaria per restare efficacemente in sella.
Il movimento del cavallo viene trasmesso al sistema nervoso centrale della persona in sella grazie alle innumerevoli terminazioni nervose afferenti; il cervello, a sua volta, invia le informazioni a tutto il corpo in modo che gli aggiustamenti siano realizzati per mezzo di un comportamento adattivo appropriato e finalizzato al riequilibrio.
Tutte queste azioni espresse “naturalmente” dal cavaliere normodotato in sella, nel lavoro riabilitativo vero e proprio su persone affette da specifiche patologie neuromotorie divengono il risultato degli stimoli sensoriali suggeriti -attraverso particolari accorgimenti- dall’apporto del personale tecnico specializzato.
La caratteristica principale del passo del cavallo risiede nella particolare specificità nel trasmette al cavaliere in sella una serie di movimenti simultanei e sequenziali che si traducono in un modello tridimensionale del movimento stesso su tutti i piani dello spazio, completata da una particolare torsione del bacino del cavaliere che stimola la dissociazione dei cingoli.
Il movimento del cavallo in ippoterapia
“Nessun altra forma di terapia è in grado di imitare perfettamente i movimenti del bacino, come il movimento al passo del cavallo”.
Il movimento del passo riproduce alla perfezione il “cammino analitico” in tutte le sue proiezioni spaziali e con frequenze del tutto simili a quelle della deambulazione umana; su questo principio cinetico-percettivo si fonda la riabilitazione equestre rivolta alle persone con patologie neuromotorie o neurologiche.
Proprio perché la persona si trova sul dorso dell’animale (e nello specifico molto vicino ed in intimo contatto con il suo centro di gravità) la colonna vertebrale –ponte flessibile sostenuto dai quattro arti- diviene il fondamentale luogo di interscambio motorio – relazionale ed elemento sul quale si produce la stimolazione riabilitativa vera e propria.
Il grado di elasticità articolare del cavallo e la sua condizione muscolare hanno una grande influenza sull’andatura: maggiore è la flessibilità della colonna vertebrale, maggiore è la potenzialità dell’espressione motoria e la fluidità del movimento risultante.
L’animale al passo descrive un movimento tridimensionale la cui risultante è una sinusoide che, opportunamente scomposta in semplici forze d’azione, agisce sulla persona in sella.
- Un movimento laterale sul piano frontale: a causa della forza centrifuga in curva, ma soprattutto del cullamento naturale nel passo, il soggetto si trova a perdere l’equilibrio a sinistra e destra in ritmica alternanza. Al passo, l’azione di spinta del posteriore che prende origine dalle anche per proiettarsi in avanti e sostiene il peso dell’intero sistema cavallo-cavaliere (spingere peso, portare peso: caratteristiche fondative dell’impulso, particolarmente importante nella “somministrazione di movimento” in materia riabilitativa) determina una associata flessione laterale della colonna vertebrale dell’animale. Il tutto viene incentivato e sostenuto dall’azione sinergica dell’anteriore in avanzamento e dell’incollatura che, per mezzo del naturale effetto basculante, permette il mantenimento dell’ equilibrio dell’intero sistema.
- Un movimento antero – posteriore su quello sagittale dettato dalle continue accelerazioni e decelerazioni durante il movimento che agisce con una particolare incidenza nel raddrizzamento della persona in sella.
- Una componente rotazionale sul piano orizzontale dettato dall’avanzamento di ogni singolo arto che stimola la dissociazione del cingolo scapolare da quello pelvico.
- Un movimento sul piano verticale non particolarmente esprimibile al passo in quanto andatura piana, sebbene particolarmente apprezzabile su soggetti sufficientemente ginnasticati ed in lavoro con un buon avanzamento e una buona capacità di “portare peso”. La stimolazione sul piano verticale è particolarmente efficace nel trotto, proprio per le differenti caratteristiche dell’andatura saltata e simmetrica.
La risultante di questi movimenti permette alla persona in sella di trovare una giusta postura sia a livello di seduta sul seggio che a livello della stabilizzazione dell’equilibrio e del raddrizzamento.
Il parallelismo tra la tridimensionalità del cammino umano e l’andatura del cavallo dà la possibilità a soggetti che non hanno mai camminato o che camminano con schemi motori scorretti, di trovarsi in una situazione paragonabile ad una deambulazione corretta e fisiologica, sperimentandone quindi gli effetti concatenati a livello del bacino, del tronco, dei cingoli, degli arti superiori e del capo.
I fattori che influenzano l’andatura del passo
Non è semplice avere a disposizione cavalli dalle caratteristiche morfologiche ideali per la rieducazione equestre: è comunque relativamente semplice mettere in condizione di “buon utilizzo” soggetti che si avvicinano alle peculiarità minime richieste attraverso un serio e progressivo lavoro in piano.
Le variabili fondamentali che divengono così indispensabili per garantire un alto livello performativo dell’attività in sella sono:
- L’ampiezza del movimento, che varia in funzione dell’altezza dell’animale (più il cavallo è alto più saranno ampi i cambiamenti di equilibrio), l’ampiezza del torace (più è largo, più sono ampi i movimenti ondulatori) e del tronco che più è lungo, più il movimento sarà ampio;
- La frequenza del movimento , che dipende dalla lunghezza degli arti in modo inversamente proporzionale;
- L’età del soggetto: cavallo anziano, avvertendo maggiormente i dolori che l’età comporta, sarà tendenzialmente più rigido e con movimenti ridotti rispetto ad un animale giovane;
- La linea di galleggiamento, che unisce idealmente la punta dell’anca alla scapola al 3° superiore e che dovrebbe essere parallela al suolo; ovviamente, per poterla valutare è condizione necessaria che l’animale sia posizionato su terreno piano in appiombo. Se cade in avanti il cavallo tendenzialmente inciampa o rade il terreno ( più facilmente notabile in animali dal collo lungo e sui quali il cavaliere si trova ad essere quasi in piedi); al contrario, se cade indietro, il cavallo è più facilmente soggetto a cedere sui posteriori.
- La sella che da sola è in grado di selezionare e filtrare i movimenti riflessi sul cavaliere.
Queste componenti associate al movimento oscillante e basculatorio dell’animale, considerate anche le sollecitazioni prodotte sul soggetto in sella consentono in linea di principio:
- La regolazione del tono muscolare
- La mobilizzazione del bacino
- Il rinforzo dei meccanismi di raddrizzamento
- La fortificazione dell’equilibrio
lavoro sopratutto con casistica neuromotoria e devo dire che è stato fattoi un preciso e puntuale riassunto su ciò che riguarda la biomeccanica equina in rapporto all’utilizzo in riabilitazione equestre. l’unica cosa che aggiungerei riguarda la selezione delle bardature( sella, utilizzo di eventuali cuscini per antiversione del bacino o per la messa in ortostasi in caso di cifosi dorsale, feltro tandem in alcuni casi) poichè, a seconda della tipologia di bardatura che si sceglie, si può selezionare un piano di movimento a seconda della patologia.
grazie mi fa sempre piacere condividere conoscenze
federica
Che articolo interessantissimo! Grazie Roberto per questa pagina ricca di informazioni fondamentali per chi cerca nel cavallo un compagno di lavoro in grado di stimolare (passivamente) il movimento di chi è in sella.
Ciao! Siamo sempre alla ricerca di argomenti che possano stimolare l’attenzione e l’interesse dei nostri lettori con l’obiettivo di divulgare il più possibile i principi delle notre attività. Grazi dei commenti e delle potenzialità di confronto tra tutti noi…
Ciao, sperando possa essere utile, e soprattutto di non essere considerato saccente, mi permetto di aggiungere qualche riferimento storico e tecnico – con materiali trovati in Internet – a questo interessante articolo sul cavallo come strumento di riabilitazione motoria, il cui uso a fini terapeutici vanta una storia di oltre due millenni.
Già Ippocrate di Coo (458 – 370 a.C.) aveva consigliato l’equitazione “per rigenerare la salute e preservare il corpo umano da molte infermità, perché l’equitazione praticata all’aria aperta fa sì che i muscoli conservino il loro tono”. Asclepiade di Bitinia (124 – 40 a.C.) ne estese le applicazioni raccomandando “il moto a cavallo nel trattamento riabilitativo in diversi casi di paralisi”.
Anche nella scienza araba si ritrovano accenni al beneficio legato a questa attività. Si sono poi ritrovate tracce di un primo testo di pedagogia con uso generale della disciplina equestre redatto da alcuni maestri ittiti.
Abbandonata per lungo tempo, tale pratica terapeutica fu ripresa dal medico Merkurialis (1569) nella sua opera “De arte gymnastica”. Egli si riferisce ad un’osservazione fatta da Galeno, secondo il quale l’equitazione detiene una posizione molto importante tra gli esercizi ginnici, in quanto essa non esercita soltanto il corpo, ma anche i sensi.
Nel 1661, Thomas Syndenham consiglia nel suo libro sulla gotta (Tractatus de podagra) di praticare assiduamente lo sport equestre. Nelle “Observationes medicae” del 1676 egli aveva già affermato che “la cosa migliore che io conosca per fortificare e rianimare il sangue e la mente è il montare un cavallo ogni giorno”, consigliando quindi questa attività come trattamento ideale di diversi stati patologici e arrivando a mettere a disposizione dei pazienti indigenti i cavalli di sua proprietà.
Questa tesi fu accolta con favore pure da Giorgio E. Stahl (1660 – 1734) e dal medico personale di Maria Teresa d’Austria, secondo cui le fibre muscolari divenivano più elastiche praticando questo sport. Nel 1719 Friedric Hoffmann nella sua opera “Istruzioni approfondite su come una persona può mantenere la sua salute e liberarsi di gravi malattie tramite la pratica ragionevole di esercizi fisici” dedica un capitolo all’equitazione e ai suoi immensi benefici, definendo l’andatura del passo come la più salutare. Sammuel Theodor Quelmalz di Lipsia (1697-1758) inventò una “macchina equestre” dimostrando come il problema del movimento e degli esercizi fisici fosse particolarmente sentito dai medici di quel tempo. Si trattava di una specie di altalena che imitava il più precisamente possibile gli effetti indotti dal movimento del cavallo.
Goethe riconobbe il valore salutare delle oscillazioni che il corpo compie seguendo i movimenti dell’animale, la benefica distensione della colonna vertebrale, resa possibile dalla posizione a cavalcioni, e la sollecitazione, delicata ma costante, data alla circolazione. Nel suo studio utilizzava una sedia per lo scrittoio simile ad una sella. Sua è la seguente citazione: “il motivo per il quale un maneggio svolge un’azione così benefica sulle persone dotate di ragione è che qui, unico posto al mondo, è possibile comprendere con lo spirito e osservare con gli occhi l’opportuna limitazione dell’azione e l’esclusione di ogni arbitrio e del caso. Qui uomo e animale si fondono in un tutt’uno, in misura tale che non si saprebbe dire quale dei due stia effettivamente addestrando l’altro.”
In tempi più recenti i primi Paesi ad occuparsi di questo trattamento furono quelli scandinavi e quelli anglosassoni (circa 70 anni fa) che limitarono però questa attività a fini ricreativi. In Francia, la rieducazione equestre nacque nel 1965 come apprendiamo da De Lubersac e Lalleri nella introduzione al loro manuale intitolato “Rieducazione attraverso l’equitazione” (1973), sebbene già nel 1963 fosse stata utilizzata empiricamente da Killilea nel suo libro “Da Karen con amore”. I francesi si accorsero delle possibilità per i portatori di handicap di recuperare e valorizzare le proprie potenzialità.
Nel 1965 l’ippoterapia divenne una materia di studio, tanto che nel 1969 ebbe luogo la presentazione al Centro ospedaliero universitario della Salpetrière del primo lavoro scientifico sulla rieducazione equestre.
Nel 1972 si è avuta la presentazione della prima tesi di laurea in medicina sulla Terapia con il mezzo del cavallo alla Facoltà di Medicina di Parigi Val de Marne.
Proprio per queste considerazioni è quasi lapalissiano che una “buona cavalcata” sia benefica per tutti, dai bambini ai vecchi.
La particolare andatura del cavallo oltre a rinforzare e a migliorare la tonicità della muscolatura, rievoca la cadenza umana, con grande beneficio per chi non è in grado di camminare. La posizione assunta dal cavaliere in sella migliora l’allineamento capo-tronco-bacino e l’equilibrio, e nei soggetti spastici stimola il rilassamento degli arti.
Oltre a favorire la scioltezza e la coordinazione dei movimenti, condurre il cavallo costringe a migliorare i tempi di attenzione e di reazione, risultando utile in casi di deficit motori e muscolari (soprattutto del tronco e del collo), in situazioni neuromuscolari che vanno dalle paraplegie a vere e proprie paralisi, spasmi, disarmonie e clonie.
Il cavallo nella sua andatura al passo compie un azione ritmica a quattro tempi: tale alternanza nel movimento produce sul corpo del cavaliere una serie di sollecitazioni meccaniche che dalle cosce vengono trasmesse al bacino e a tutto il rachide.
Queste sollecitazioni così cadenzate promuovono una risposta motoria atta a riequilibrare e coordinare l’apparato muscolo-legamentoso del paziente, procurando un azione riequilibratrice e rilassante.
Il ritmo del cavallo al passo, di circa 60 oscillazioni al minuto, permette il rilassamento del tono muscolare; l’andamento sinusoidale riproduce il movimento di basculla della deambulazione normale ( Baumann,1979). Tale spostamento postero-laterale induce reazioni di equilibrio specialmente in prossimità degli angoli del maneggio dove la forza centrifuga, spingendo il cavaliere verso l’esterno, aumenta la richiesta di tali reazioni. L’allineamento capo-tronco-bacino, facilitato dalla particolare posizione in sella e dall’aggiustamento tonico indotto dal movimento del cavallo, permettono la realizzazione di esercizi tipici di equitazione che consentono la dissociazione dei movimenti e la loro coordinazione.
Il cavallo inoltre, proprio per la ritmicità della sua andatura, sembra infatti capace di evocare quell’essere cullato tra le braccia della madre, e in questo il cavallo sembra porsi ( per dirla con la terminologia di Winnicott) come una madre capace di accettare, contenere il soggetto e in prospettiva di aiutare a stimolarne l’autonomia.
Al passo mettiamo a cavallo i ragazzi con danno spastico da lesione cerebrale, i bambini con sindrome di Down, discinetici, incoordinati. Essi traggono giovamento riattivando tutti quei centri nervosi sopiti, risparmiati dalla lesione iniziale, che mancano di una sollecitazione ritmica costante che solo il cavallo può offrire. Da queste sollecitazioni traggono vantaggio anche le forme ipotoniche e le paralisi flaccide come la spina bifida, le paraplegie post- traumatiche, le displasie di anca congenite. Come si vede, le indicazioni per il passo sono di ordine neurologico, ortopedico, traumatologico.
Al trotto il ritmo è in due tempi, alto e basso, così che le sollecitazioni sono assorbite meno passivamente che al passo e si ha una attiva partecipazione del paziente con una azione motoria che ha un effetto tonificante.
Le infermità che possono trarne vantaggio sono i postumi di fratture degli arti inferiori o di interventi chirurgici sempre agli arti inferiori (meniscectomie), o lesioni congenite tipo genu valgo e piedi torti, ovvero paralisi tronculari, come nei casi di nervo sciatico, popliteo interno o esterno. L’azione è tonificante e correttiva della componente articolare e muscolare.
Al galoppo il ritmo è a tre tempi , cosi che i periodi della cadenza sono un po’ più lunghi del precedente. Il tronco si dispone inclinato di 45° circa; in tale posizione si esercita notevolmente l’apparato muscolo-tendineo e legamentoso del bacino, dell’addome e delle anche.
Con queste caratteristiche l’uso del cavallo diventa, sulla base di decennali esperienze, una pratica di “medicina alternativa”, capace di indurre non solo miglioramenti, ma anche recuperi funzionali e globali o, addirittura, il superamento di quei deficit che possono sottendere a disabilità e/o a handicap in casi di:
– coxartrosi in fase iniziale;
– displasia lieve delle anche;
– esiti da traumi cranio-encefalici;
– paraparesi con spasmi e/o clonie;
– scoliosi di diverso grado;
– forme algiche post-traumatiche e stabilizzate
del rachide dorso-lombare (limitatamente
all’andatura al “passo”).
grande Mario!!!
Avrei da fare una domanda?Io sono psicologa clinica e specializzata in riabilitazione equestre, lavoro presso Aiasport di Bologna.
In questo periodo stanno chiedendo di venire da noi sempre più utenti con svariati problemi neuromotori.
Ultimamente hanno richiesto di fare attività con una bimba affetta da Spina Bifida.Ho fatto vari corsi, tra cui quello LAPO di medicina e chirurgia a FI, e li erano molto perplessi per le svariate controindicazioni che porta il problema Spina Bifida…avrei bisogno di materiale a riguardo, se l’avete, relativamente alle possibilità o no di poter intraprendre un progetto “riabilitativo” o magari solo di benessere o di relazione….Ma ho bisogno di avere più notizie.
Se puoi ti ringrazio infinitamente
Attendo notizie
Dott.ssa Angela Zampa AIASPORT Bologna
Gentile Angela,
anche noi abbiamo alcune riserve sulla patologia di per se, anche se vi sono situazioni dove non risulta particolarmente “pericoloso” l’approccio; purtroppo non abbiamo materiale specifico ma con piacere giriamo a tutti i nostri amici follower la tua richiesta con la speranza di metterti in condizione di avere maggiori elementi al riguardo…
Un saluto
Salve, pur lavorando da tempo nell’ambito della Riabilitazione Equestre non mi sono mai occupato direttamente di questa patologia. Ricordo però che la D.ssa Citterio dell’Anire si è occupata di questo e uno dei primi casi da lei seguiti fu quello di una persona affetta da Spina Bifida, credo nel 1976. Forse con queste coordinate puoi reperire in internet un abstract sul caso oppure contattare l’Anire di Milano.
Spero di esserti stato d’aiuto.
Dr Fabrizio Giorda
Psicologo, tecnico Anire c/o ‘Tina De Marco’Onlus e ‘…Che l’erba crecse’onlus,Roma.
Complimenti a tutti e grazie per le utilissime informazioni.
Anche io lavoro con diversi casi gravi dal punto di vista neuromotorio.Oltre ai benefici fisici che già avete ampliamente sottolineato si ottengono moltissime conquiste sul ptenziamento dell’autostima…… Pensate che conquista per chi non può reggersi autonomamente riuscire a muoversi da soli e persino su un animale cosi grande come il cavallo… Ho un ragazzo gravissimo che sul cavallo è rinato… e non sto scherzando! Mi permetto di dare un consiglio, sempre da calibrare su ogni caso, in gravi patologie motorie ho notato più migliorie per il mantenimento della posizione con un lavoro in piano su lunghi tragitti, dove si evitano curve o tagli, ancor meglio all’aperto… Un saluto a tutti
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