In questo articoo cercheremo di fare il punto sul livello di diffusione della dipendenza da smartphone tra gli adolescenti e come il cavallo e l’equitazione integrata® possano venire in aiuto a questo fenomeno in crescita.
La dipendenza da smartphone è in costante aumento tra gli adolescenti, tanto da essere sempre più spesso oggetto di analisi da parte di sociologi e psichiatri.
Da un recente sondaggio condotto dall’Associazione Di.Te (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullism) condotto su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni, è emerso che il 51% dei ragazzi di età compresa tra i 15 e i 20 anni controlla lo smartphone in media 75 volte al giorno, mentre il 79% non riesce a stare per almeno tre ore senza dare un’occhiata allo schermo.
Gli esperti non sono i soli ad occuparsi dell’argomento: agli inizi di gennaio due azionisti della Apple hanno inviato una lettera al colosso di Cupertino, nella quale chiedono che venga affrontata la questione delle conseguenze negative e del disagio sociale causati dall’uso massiccio di smartphone tra i giovani.
È stato necessario coniare nuovi termini per definire alcune di queste alterazioni: Nomofobia (la paura di rimanere senza cellulare), Fomo (Fear of missing out, la paura di rimanere tagliati fuori), Vamping (passare la notte sui social o a chattare su whatsapp), Hikkomori (giovani che decidono volontariamente di rinchiudersi nelle proprie stanze, evitando qualsiasi contatto con il mondo esterno).
Questa presa di coscienza ha già dato origine ad alcune misure prese nel tentativo di arginare il problema.
In Francia vige il divieto di utilizzare i cellulari a scuola per gli studenti delle scuole elementari e medie, mentre le case produttrici offrono in molti dispositivi la possibilità per i genitori di inserire timer per regolare il tempo di utilizzo degli smartphone, limitazioni e blocchi per determinati contenuti.
Il paradosso è che esistono delle app per combattere la “app addiction”…
La nascita di una nuova figura professionale, il cyberpsicologo, può dare un’idea della necessità di gestire i disagi creati da un fenomeno che è ormai un’emergenza collettiva.
Ma abbiamo davvero bisogno di leggere studi e sondaggi per renderci conto del diffondersi di questa tendenza? Vediamo ovunque gruppi di ragazzi che, l’uno accanto all’altro, se ne stanno ciascuno con lo sguardo fisso sul proprio telefonino, o mamme che accompagnano bambini di pochi anni ipnotizzati dal loro tablet.
La dipendenza da smartphone e l’esperimento di Goito.
All’Istituto Comprensivo di Goito, in provincia di Modena, è stato condotto con successo un esperimento sulla dipendenza da smartphone.
L’idea è nata da due insegnanti che hanno coinvolto 80 studenti, i quali hanno accettato di stare per 48 ore senza cellulare.
I risultati sono stati talmente soddisfacenti che l’esperimento verrà probabilmente ripetuto per un periodo più lungo, dato che molti ragazzi hanno dichiarato di avere recuperato alcune vecchie abitudini come leggere, uscire e passare del tempo in famiglia.
“Mi sono sentita uno zombie libero… dagli altri zombie assetati di cellulare” ha detto una delle studentesse.
Cause e conseguenze della dipendenza da smartphone tra gli adolescenti.
Cosa porta alla dipendenza da smartphone? Per quale motivo uno strumento nato per comunicare è diventato causa di isolamento sociale?
Lo psichiatra David Greenfield, professore all’Università del Connecticut, spiega che “l’attaccamento allo smartphone è molto simile a tutte le altre dipendenze, perché causa interferenze nella produzione della dopamina”.
La dopamina è un mediatore del piacere e della ricompensa, che il nostro encefalo rilascia quando svolgiamo attività che riteniamo positive.
“Abbiamo una generazione che ha poca fiducia in sé stessa, e non ha mezzi per affrontare lo stress”, sostiene Simon Sinek, esperto di marketing e autore di libri motivazionali.
Una generazione abituata al tutto e subito, ma se questa regola può essere valida per le gratificazioni materiali, non lo è per quelle sociali, affettive o professionali, che per essere raggiunte richiedono pazienza e impegno.
Ecco allora che nei momenti di stress si cerca rifugio nelle relazioni effimere ed illusorie offerte dal mondo dei social network.
Un mondo realistico ma non reale, nel quale per tutto c’è un filtro. Un universo tecnologico distante dall’empatia, privo di emozioni, nel quale condividere vuol dire mostrare senza preoccuparsi né delle conseguenze, né dei sentimenti altrui.
Sono oggi i social network il banco di prova sul quale gli adolescenti testano la propria popolarità e il proprio indice di gradimento tra i loro coetanei. Un basso numero di like all’ultimo selfie pubblicato, un mancato invito ad un evento, un commento negativo ad un post minano la loro autostima.
La sociologa Jean Twenge nel suo libro Igen ipotizza addirittura che gli smartphone abbiano distrutto una generazione.
La Twenge analizza i cambiamenti nei comportamenti sociali negli ultimi 40 anni, denunciando la dipendenza da smartphone come la causa di un progressivo isolamento che impedisce l’ingresso dei giovani nella vita reale, di relazione e nel mondo del lavoro.
Lo studio evidenzia un forte aumento della percentuale dei ragazzi che preferiscono restare chiusi nella loro stanza piuttosto che uscire con gli amici, oltre ad un calo nelle attività ludiche, sportive e sessuali tra le nuove generazioni.
I dati che la Twenge riporta svelano inoltre un preoccupante incremento dei sintomi legati all’ansia e alla depressione tra gli adolescenti. Tra i ragazzi aumentano cyberbullismo e suicidi, spesso preceduti dall’uso di droghe.
Ma il dubbio è che, piuttosto che ai telefonini in sé, la causa di questa progressiva alienazione sia da attribuire alle pressioni della società odierna, tanto frenetica e competitiva quanto povera di risposte e di speranza.
Forse i ragazzi non sono depressi perché vivono attaccati allo schermo, ma vivono attaccati allo schermo perché sono depressi.
La Twenge intima “Posate quegli smartphone!” ma possiamo affermare che questa sia la soluzione? Dovremmo piuttosto riflettere su un utilizzo consapevole della tecnologia e sulla qualità delle alternative che siamo in grado di proporre.
Un valido stimolo contro la dipendanza da smartphone? Il cavallo!
Come può l’Equitazione integrata® essere una risposta efficace al fenomeno della dipendenza da smartphone tra gli adolescenti?
Abbiamo analizzato come tale dipendenza possa essere paragonabile a quella da alcool e droghe, per le quali le attività a contatto con i cavalli si sono già dimostrate un valido aiuto.
Questo tipo di approccio opera su più aspetti, i quali concorrono a migliorare lo stato emotivo, sociale e fisico dell’individuo. Nel caso specifico delle web compulsioni è fondamentale lavorare sulla gestione dell’ansia, sul rilassamento, sull’autostima e sulla comunicazione autentica.
Il cavallo, spiccatamente empatico e sociale, è in grado di leggere il linguaggio del corpo e tende ad avvicinarsi a chi mostra un aspetto rassicurante.
Questa sua caratteristica incoraggia chi ne entra in contatto a sviluppare una maggiore consapevolezza dei messaggi inviati verso l’esterno e ad accogliere le risposte ad essi, l’accettazione ma anche il rifiuto.
La comunicazione non verbale che si crea è diretta, reale, priva dei filtri ai quali i social network ci hanno abituati.
Il contatto fisico con il cavallo favorisce lo sviluppo sensoriale, l’attenzione si concentra sui sensi del tatto, dell’udito, dell’olfatto, nel presente.
Accarezzare un cavallo è un’efficace tecnica di rilassamento che aiuta a ridurre l’ansia.
Un ulteriore effetto positivo dato dal contatto con il cavallo è quello che coinvolge la sfera affettiva.
Prendersi cura di un essere vivente “animale” aiuta ad uscire dal proprio isolamento e a dedicarsi alle esigenze dell’altro, sviluppa il senso di responsabilità e fa nascere l’appagante sensazione di essere importanti per qualcuno.
Abbiamo visto come il mondo dei social network possa essere crudele, indifferente e privo di empatia. Gli adolescenti che si relazionano con l’esterno attraverso questi strumenti spesso sviluppano problemi di autostima.
Ecco come l’Equitazione integrata® può rappresentare un valido aiuto per recuperare la fiducia in sé stessi: essere in grado di montare un cavallo o anche solo di condurlo correttamente da terra, saper gestire un animale grande, forte e fiero rafforza l’idea di sé e di come si viene percepiti dal mondo esterno.
Non meno importanti sono l’aspetto sportivo e quello ludico dell’Equitazione integrata®.
Un ragazzo che passa la maggior parte della giornata incollato a strumenti digitali ha probabilmente perso contatto con il proprio corpo.
Attraverso l’equitazione, una disciplina nella quale controllo ed equilibrio sono fondamentali per ottenere la corretta risposta dal cavallo, può ritrovare la consapevolezza e la sicurezza in sé stesso.
Una delle frasi che colpiscono maggiormente nello studio della Twenge è quella riportata da Athena (nome di fantasia), una ragazza di 13 anni dipendente dal suo smartphone: “Sono stata sul mio cellulare più di quanto sia stata con le persone reali”, ha detto. “Il mio letto ha l’impronta del mio corpo”.
L’Equitazione integrata® sarà allora l’occasione per uscire all’aria aperta, incontrare nuovi amici in carne ed ossa e condividere, nel vero senso della parola, le attività di maneggio che non si riducono mai alla semplice lezione, ma comprendono il grooming, i momenti di relax al pascolo con il proprio amico, il riordino di attrezzature e tanti momenti di gioco.
Uscire, condividere e rinascere.
Chiara Barichello
Tecnico di Equitazione Integrata® EQUITABILE®
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