Quotidianamente, durante le riprese di equitazione integrata, mi domando fino a che punto ci si possa spingere nelle richieste da proporre al nostro praticante per ottenere il massimo sviluppo delle sue competenze residue.
I Progetti Educativi Individualizzati si rivelano un valido supporto per l’individuazione di obiettivi, lo sviluppo di una metodologia operativa e la verifica temporale di quanto auspicato “sulla carta”. In questo senso vengono in aiuto al Tecnico che, sul campo, ha il compito di essere elemento facilitatore tra la Persona e la sua consapevolezza nelle soggettive risorse.
Uno dei grandi quesiti da superare è: fino a che punto “semplificare” e quando è il caso di rendere le riprese il più “normalizzate” possibili?
Chiunque risponderebbe in prima battuta che tutto dipende dalle personali qualità del cavaliere e dalle sue soggettive tempistiche di apprendimento: risposta saggia e -al tempo stesso- molto concreta nella sua genericità.
Relativamente alle salite in sella, vediamo però che molto spesso (e in alcuni contesti equestri specifici) l’ausilio della scaletta o pedana è la regola indipendentemente dalle reali competenze dell’allievo; è normale pensare che alcuni ambiti di intervento come l’ippoterapia tradizionale coinvolgano ragazzi spesso molto compromessi sul piano cognitivo e motorio, per i quali potrebbe rivelarsi impossibile la realizzazione di questa aspettativa.
A parte queste specifiche situazioni, all’interno delle quali è da menzionare anche la giusta proporzione cavallo-cavaliere (non si può infatti pretendere che una persona bassa riesca a salire in sella ad un cavallo molto alto…), vi sono tecnici che propongono solamente salite con gli ausili, probabilmente per questioni di auto protezione o –semplicemente- per personale comodità.
Riteniamo che questo sia un principio che tende ad espropriare molti praticanti da una esperienza motoria (e psicologica) importantissima, soprattutto sul fronte della “normalizzazione”.
Non è da ritenersi assolutamente obbligatorio il raggiungimento di questo obiettivo, anche se fonte di grande soddisfazione da parte di molti ragazzi che, superando questo limite (spesso psicologico) si sentono alla pari degli altri, sviluppando così ulteriore autostima. Ovviamente tutte queste considerazioni sono da ritenersi valide per un certo target di utenza, non per tutti.
Ulteriore elemento da accennare è la predisposizione del cavallo all’avvicinamento alla scaletta: è importante avere “colleghi” abituati a questo tipo di salite (e l’abitudine viene con la desensibilizzazione, la pazienza, l’incoraggiamento…).
Tutt’ora alcune scuole che formano tecnici nell’ippoterapia insegnano salite in sella “contenendo” il cavallo tra scaletta e muro, in un “travaglio” che avrebbe l’obiettivo di non far muovere il cavallo all’atto della salita.
OBROBRIO!
Chiunque conosca minimamente di cavalli sa benissimo che la loro natura è la fuga di fronte a situazioni ritenute pericolose: non vogliamo neppure pensare a cosa potrebbe capitare (e ne sono successe a scapito del cavallo e del cavaliere) se un cavallo inizia a reagire in quella situazione…
Altro piccolo appunto tecnico: per le salite va bene valutare o meno l’utilizzo dell’ausilio; per le discese riteniamo sia inutile grazie alla forza di gravità che ci viene sempre in soccorso!
Se il nostro obiettivo è quello di creare inclusione e sviluppare una visione positiva delle diversità è fondamentale un serio lavoro preliminare di selezione dei possibili candidati all’inclusione (tecnica) equestre con un programma finalizzato alla realizzazione di proposte inclusive fatto di un alto grado di abilitazione.
Nei nostri principi, se l’incontro tra le diversità non viene organizzato al meglio grazie alle specifiche competenze dell’operatore (sul fronte culturale, della predisposizione di tutti gli attori, e tecnico-motorio) si rischia di ottenere il risultato contrario da quello sperato, ovvero che il cavaliere normodotato pensi o dica la parola poverino riferendosi all’ “l’altro”…
E’ vero che la maggior parte dei Tecnici nelle attività mediate dal cavallo (dall’ippoterapia allo sport equestre agonistico) sono ragazze o donne che –ovviamente- non hanno la forza sufficiente per gestire situazioni che impongono una certa dose di fatica, anche solo nell’aiutare la salita; anche gli operatori maschi, ad un certo punto della loro carriera professionale, devono inderogabilmente fare i conti con la loro schiena ed i quotidiani acciacchi, sintesi di molti sforzi fisici imposti dall’attività stessa.
Il “Testo Unico” sulla Sicurezza sul Lavoro (Lg. 81/2008) che qualunque realtà (anche associazionistica) dovrebbe seguire impone l’auto protezione dei lavoratori con una serie di protocolli operativi, spesso molto “freddi” e contrastanti con il vero senso di un’attività.
Anche queste restrizioni –giustissime sotto il profilo dell’esposizione al rischio per una visione del lavoro più salubre e lungimirante- rischierebbero di andare contro il raggiungimento di obiettivi di sviluppo dell’autonomia dei nostri cavalieri…. Che fare allora?
Riteniamo che la giusta dose di buon senso tra le “regole” ed i “principi educativi” sia determinante per non peccare di un eccessivo radicalismo. Le specifiche regole tecniche di gestione delle salite e discese “adattate” sono già di per se un ulteriore supporto ad integrazione della buona proposta operativa di attività equestri di qualità, sintesi tra normalizzazione di un’attività dalla forte componente educativa e ricreativa e il freddo obbligo di seguire rigidi disciplinari.
E’ importante quindi conoscere queste tecniche e saperle utilizzare al meglio per l’efficacia dell’intervento e per l’auto protezione del Tecnico; aspetti che all’interno dei nostri corsi di formazione riteniamo fondamentali alla pari di tanti altri argomenti che sono alla base di un ruolo di servizio consapevole e professionale.
In sintesi, non vogliamo apparire contrari a priori all’ausilio, anzi: in fondo anche il Re –e gli ufficiali più maturi- una volta montavano in sella utilizzando il “montatoio”; quì a fianco è visibile uno storico mounting block tuttora presente in Queens Road a Cambridge per agevolare le gentildonne nella salita in sella.
Questo è certamente una valida facilitazione per il cavaliere e per l’operatore, ma vorremmo che venga utilizzato sempre con l’obiettivo del massimo sviluppo delle abilità residue e, se la persona ha raggiunto ampi livelli di competenze è giusto faticare un po’ proponendo la salita normale, soprattutto per rispetto della persona stessa!
ciao a tutti, posso immaginare quale possa essere la fatica immane di far salire un ragazzo disabile su un cavallo……Perche’ la difficolta’ l’ho provata personalmente, per quanto possa considerarmi “normale” o per cosi’ dire normodotata la prima volta e’ stato un disastro…. meno male che c’era la mia amica che mi ha reso l’impresa meno ardua. Da molti anni lavoro come operatore socio sanitario con persone diversamente abili di vario grado, secondo me potrebbe essere un ottimo stimolo abituare i ragazzi alla salita e alla discesa dal cavallo, senza nessun ausilio proprio per stimolare la capacita’ a superare o per lo meno a provarci, le difficolta’ che ogni giorno gli si presentano.
Cristina
Io credo che per ogni bimbo o persona ci sia un modo diverso per insegnare queste due operazioni tra le più importanti e anche pericolose. Essendomi occupata per un anno di lezioni di equitazione, ho potuto constatare che se utilizzato un ausilio come scaletta o rialzo, la persona coinvolta non sempre ma spesso, poi ha più difficoltà ad imparare autonomamente perchè si “appoggia” al fatto che si ha un ausilio. Cosa più utile anche per i bimbi disabili, è provare a farli montare da soli sempre con l’istruttore alle spalle e poi se non riescono, è l’istruttore a dare una mano. Certo, poi ci sono le varie ed eventuali, se il cavallo è troppo alto ( anche se io ho sempre cercato di abbinare cavallo e cavaliere qualora possibile proprio per evitare) oppure se si spaventa facilmente allora converrebbe essere in due , uno a tenere il cavallo e uno a sostenere l’allievo.
Io la penso così 🙂 per esperienza anche se breve.
Salve, sono la coordinatrice dell’Associazione AIASPORT ONLUS di Bologna. Nel nostro centro di attività equestre per persone disabili accedono settimanalmente ben 140 persone (dai 4 ai 65 anni), con vari tipi di problematiche (patologia neuromotoria, cognitiva, psichica, deficit sensoriale,ecc.) Negli anni la nostra équipe di lavoro ha riscontrato che il far salire in sella senza ausili così tante persone sia alquanto fastidioso e dannoso per i cavalli che silenziosamente devono sopportare issaggi a volte faticosi, poco sicuri e che richiedono molto tempo (in alcuni casi la metà del tempo di lezione veniva dedicato alla salita). Si è così deciso di comune accordo che tutti (sia persone disabili, che cavalieri “normodotati”, che istruttori) utilizzino l’apposita scaletta per la salita, in modo da agevolare i nostri preziosi ed insostituibili “colleghi di lavoro”. Tra le altre cose abbiamo visto che all’interno del maneggio in cui operiamo anche le altre scuole hanno adottato la nostra soluzione e ci sono scalette sparse per tutto il circolo ippico, in modo da permettere a chiunque di poter salire agilmente. Per la discesa invece (esclusi pochissimi casi), insegnamo a non utilizzare la scaletta.
Grazie per il commento a conferma che quanto abbiamo evidenziato nel post è materia di conferme da parte di amici che lavorano nel campo e che nel tempo hanno adattato modalità tecniche a “misura di cavallo”, non solo per la comodità dei cavalieri…
ottima risposta, i miei personali complimenti. invito ciascuno dei partecipanti alla discussione a rifiltrare la loro opinione pensando al carattere, alle condizioni fisiche, al benessere dei propri cavalli e/o dei cavalli con cuil lavorano. E, ad ogni modo, delle lezioni di training, di adattamento e desensibilizzazione a favore dei vostri cavalli sarebbero auspicabili, nonchè necessarie e fortemente utili. se ci occupiamo di equitazione di servizio, questi “briefings” con i nostri compagni di lavoro a quattro gambe sono tanto necessari quanto le riunioni periodiche con l’equipe di “umani”. pensateci.
Ciao a tutti, da molti anni sono in campo con cavalli e ragazzi che vogliono iniziare l’attività equestre sie normodotati che diversamente abili, la nostra realtà è che come in tutti gli sport e/o lavori c’è sempre il tipo che da oggi si veste da tecnico istruttore e comincia un’attività che è solo illusione e se non ci sono incidenti non ti lascia niente, ma purtroppo è anche nostra la colpa che vogliamo tutto subito e velocemente come con il PC, ma purtroppo non è così.
Con la mia esperienza posso solo dire che ci vuole tempo, sia per la preparazione del cavallo sia per i cavalieri, il lavoro da terra è inportantissimo e ti da la possibilità di lavorare in sicurezza, sia per il Tecnico che per la salute del cavaliere, infatti io preferisco perdere tempo (se cosi si può dire) con il lavoro di terra, eseguendo salita e discesa con cavalletti, che sono d’aiuto per l’allievo ad aquisire l’equilibrio.Non ci dimentichiamo che se lavoriamo con un programma serio e professionale alla fine ci saranno sempre dei risultati seri e custruttivi.
Ciao Roberto
Eh, salire a cavallo….problematica anche per i “normodotati”…io ho fatto 10 anni di equitazione, ho fatto concorsi,purtroppo mi sono fermata alla patente A3 anche se miravo al I grado. In ogni caso, credetemi, io sono sempre stata molto impedita nel salire a cavallo: preferivo farmi aiutare, piuttosto che salire da sola con la staffa, cosa che riuscivo comunque a fare, mentre la salita in appoggio, che riusciva a molti, per me è sempre stata un vero e proprio mistero (l’agilità non è propriamente una mia prerogativa). Secondo me un aiuto è sempre utile, anche per chi è appunto “normodotato”, ma come ho sempre pensato, è anche giusto saperlo fare da soli. Secondo me la salita a cavallo deve essere proposta in tutte le salse, a seconda ovviamente delle problematiche specifiche di una determinata persona, nonchè al carattere del cavallo, e incoraggiare sempre le persone a provare tutto ciò che è possibile fare. Per me la salita in sella alla fine è il problema minore nell’aiuto alla persona visto che la maggior parte del lavoro vero si fa quando si è in sella…semmai, bisogna adattare le salite non solo alla tipologia di problematiche delle varie persone, ma soprattutto all’indole del cavallo, in modo da non rendergli stressante quel momento. Come evidenziato nell’articolo è davvero un obrobrio mettere il cavallo tra un muro e le scale per far salire una persona: potrebbe prenderla un po’ male e tentare la fuga perchè si vede minacciato. Prima di tutto bisogna conoscere la psicologia del cavallo, l’etologia dell’animale, per poi adattare ogni operazione successiva al cavallo e quindi alle persone. 🙂
Ciao Cinzia scusa mi permetto di dissentire da una tua affermazione e cioè che “la salita in sella è il problema minore”. A parte che credo che ogni passaggio e avvicinamente al cavallo (quindi dall’andare a prenderlo al box o al paddock, al pulirlo, al vestirlo, al montare e poi scendere e quindi svestirlo e riportalo a “casa”) siano o sarebbero fondamentali tanto per i così detti normodotati, ma tanto più per le persone diversamente abili, perchè ognuno di questi momenti racchiude in sè aspetti di conoscenza e presa di coscienza tanto da parte della persona quanto dell’animale. E direi che la salita porta con sè aspetti importantissimi sempre sia per il cavallo, che si affida permettendo di essere montato, e per il cavaliere, che anche si affida al cavallo per essere portato. Ora io non la voglio fare troppo pesante, però veramente penso che la salita non sia per niente un momento banale, anzi e forse lo dimostrano proprio tante difficoltà che spesso si sentono riguardo a questo momento. Non credo, come molti hanno già detto, che ci sia un’unica verità (non ce n’è mai una sola!): penso che la cosa vada studiata e PENSATA per ogni singolo caso per poter arrivare ad un giusto connubio tra benessere del cavallo, che quindi si disporrà verso il cavaliere nel miglior stato d’animo e di collaborazione, e benessere del cavaliere, che vuol dire certo non rendere la cosa frustrante o addirittura pericolosa per la sua incolumità, ma è altresì fondamentale che ci sia da parte della persona, ripeto disabile e non, la VOGLIA di salire a cavallo e quindi anche la possibilità di faticare un pò di più per farlo. Non penso che il salire sia cmq il fine ultimo dello stare con il cavallo e sopratutto delle terapie con il cavallo, piuttosto è la possibilità di una relazione altra, diversa, che si fonda su codici diversi e che serve, serve e arricchisce ognuno di noi e quindi ben venga che alle volte si arrivi anche al salire a cavallo lentamente, passo dopo passo, come ultimo dei fini.
Vi ringrazio per aver permesso di dire la mia e sopratutto di sentire le vostre
Sabina
Ciao!
A mio parere la scelta deve essere molto guidata dal buon senso e dall’analisi specifica in difesa dell’ausilio; penso che questo in alcuni casi sia indispensabile (patologie motorie) ed eviti al cavallo strattoni e sbilanciamenti.
Barbara
Ciao,
la salita a cavallo come ha già detto qualcuno è gia difficile per i “normodotati” figuriamoci per i ragazzi “disabili”. Per evitare salite disastrose sia per le persone sia per i cavalli che si vedono piombare sulla loro schiena diversi “kg” ben vengano gli ausili quali scalette, ecc…
ciao il mio parere x quanto riguarda gli ausili alla salita sono utili per facilitare la vita a tutti dai colleghi a 2 e 4 gambe e cavalieri si abili che non dato che il povero animale rischia grosso e se starnutisce cade il mal capitato utente poi il mantenimento delle abilita’ acquisite si mantiene anche salendo da soli gli scalini verso il cavallo le discese sono facilitate dalla forza di gravita’
Salve, in merito a quest’articolo esprimo il mio parere stavolta come insegnante. A volte non è importante il come si raggiunge un obiettivo prefissato ma il poterlo raggiungere. Spesso si facilita un problema, ma perchè è necessario che si faccia; altre volte, invece, non lo si fa perchè l’alunno necessita di motivazione.Deve poter avere un obiettivo da raggiungere, quale potrebbe essere per esempio riuscire a salire senza alcun aiuto.Ogni situazione, cioè, è una situazione particolare e pertanto ogni piano di lavoro deve essere personalizzato. Laddove, invece, la situazione potrebbe essere mortificante, allora dobbiamo necessariamente intervenire da “facilitatori” e porci un altro obiettivo.
Ciao a tutti, il salire e scendere da cavallo è uno di quei gesti, che personalmente trovo fondamentali per un approccio totale con i nostri amici, ma……. Ho collaborato con una cooperativa sociale che si occupa di ippoterapia, questa esperienza mi porta ad essere assolutamente d’accordo con il commento della Responsabile del centro di Bologna. Tutto và personalizzato in funzione del “diversamente abile” che abbiamo davanti, non può esistere una regola oggettiva per tutti, inoltre ho visto cavalli perfettamente abituati all’uso di aiuti per montare in sella, ho visto cavalli restare immobili anche quando venivano urtati da una sedia a rotelle, forse sono proprio i cavalli che fanno la differenza!!!!
Si tratta sempre di un mio modestissimo parere, grazie a tutti.
ciao a tutti.. io personalmente non sono d accordo con l’utilizzo delle scalette o altri aiuti preferisco la monta autonoma ovviamente in questo caso è ovvio che non si possono non tenere in considerazione le condizioni delle persone in questione ma allo stesso tempo bisogna cercare di capire il cavallo che si ha davanti. ovviamente come primo impatto non farei mai salire una persona di qualsiasi altezza su un cavallo alto ma procederei per gradi (magari iniziando con cavalli bassi)in modo da dare la possibilità all’interessato di rendersi conto che sforzo comporta per il suo corpo. ci possono poi essere aiuti diversi dalle scalette per esempio l’allungamento delle staffe. se le staffe vengono allungate al massimo la persona ovviamente dovrà essere ugualmente aiutata ma a livello collaborativo nel senso che ognuno ci mette del suo ma tutti fanno qualcosa partendo dal cavallo che sta fermo due operatori (uno che si assicura che il cavallo non avanzi e l’altro che aiuti l’utente a salire anche solo restandogli vicino o in caso di bisogno lo aiuti con un sollevamento e per ultimo ma non meno importante l’utente stesso che sale!)
sembra una cavolata ma solo riuscire a salire un minimo da soli è alimentazione di autostima per chi va a cavallo e non vale solo per gli utenti diversamente abili ma per tutti quelli che praticano l’equitazione. è importante aumentare l’autostima delle persone per farle sentire più sicure di loro stesse e delle loro capacità più riescono più cresce in loro la voglia di fare e imparare poi è ovvio che non è tutto così semplice e che ci sono tantissime varianti da tenere in considerazione ma a piccoli passi e con tanta collaborazione insieme qualcosa si può fare e sia chiaro questo non vuol dire che tutto è possibile.
mi sono un pò dilungata comunque questa è la mia opinione..
ciao a tutti. ritengo che non si possa generalizzare in merito a salite e discese o per quanto riguarda l’ippoterapia poichè oltre a tener conto della patologia, sia essa motoria, intellettiva, psicomotoria o semplice disturbo specifico, bisogna calibrare ed utilizzare le differenti tecniche di raibilitazione sul progetto riabilitativo individuale.
per quanto riguarda la ” fatica fisica” del terapista, soprattutto se non troppo forte a livello muscolare, ricordo che esiste tutto un sistema di tecniche e di leve per poter aiutare qualsiasi bambin o o ragazzo nella salita e nella discesa.
ora, ove possibile la salita si può fare da terra, in campo, sempre che il tutto sia funzionale e conforme agli obiettivi stabiliti dal terapista nel progetto individuale.
sono inoltre d’accordo sul fatto che, se il bambino non ha gravi difficoltà bisogna incoraggiare la salita dal campo collegandosi a tutto il discorso di normalizzazione e demedicalizzazione tipico del nostro lavoro.
sono assolutamente contraria alla costruzione del cosiddetto “corridoio” per far avvicinare il cavallo, che essendo una preda tende a fuggire soprattutto dalle situazione in cui si sente in trappola. un buon cavallo, se adeguatamente addestrato, si avvicina alla pedana e vi sosta senza difficoltà.
grazie a tutti ciao
federica
Cerco di rispondere a questa domanda in punta di piedi: credo che ognuno deve scegliere il metodo più adatto, ma la cosa, per me, più importante è che il cavallo sia desensibilizzato a tutto, cioè a salire da terra ambo i lati e salire da qualsiasi scaletta o muro o staccionata che si voglia.
Tutto questo ci permette di avere in sicurezza la possibilità, dipende dalle condizioni o situazioni, di potere salire e scendere in qualsiasi modo o posizione si voglia; tutto questo è possibile farlo, facendosi accettare dal cavallo da qualsiasi posizione, desensibilizzarlo alla nostra presenza, saltargli vicino, salire e scendere tante volte da destra come da sinistra, effettuare discese di emergenza e risalite, non una sola volta ma tante volte. Tutto questo ci permetterà di avere un cavallo sempre tranquillo e pronto ad accettarci da qualsiasi posizione.
grazie
saluti
Turi
Salve! Premetto che la mia esperienza riguarda una comunità per persone (in genere giovani) con problemi di tossicodipendenza e quindi, per così dire, normodotati dal punto di vista fisico. Durante un corso per far loro acquisire il patentino A della Fise ho potuto constatare come l’approccio col cavallo fosse in un certo senso condizionato o da problemi di bassa autostima (con conseguente paura dell’animale, visto “grosso e pericoloso”) o da certi aspetti di un “sé grandioso” (che li portava a rapportarsi col cavallo, e con gli stessi istruttori, in maniera estremamente superficiale e noncurante). E proprio il montare in sella ha permesso di guidare questi ragazzi ad un miglior rapporto col cavallo, e soprattutto con se stessi, con gli altri e con la vita…
Niente aiuti quindi (malgrado si operasse con cavalli, maremmani e purosangue, di notevole altezza, tutti molto tranquilli), per non favorire da un lato quella tendenza dei tossicodipendenti a sfuggire – proprio con la droga – alle difficoltà, e dall’altro evitare quella condizione – a volte favorita proprio dalla vita comunitaria – di “assistiti”… Piuttosto allora aiutarli a non temere la vicinanza e il contatto stesso col cavallo, e insieme far imparare la tecnica per montare in sella, in un primo tempo “dando la gamba” (con un compagno cioè che li aiutava nella spinta tenendogli la gamba sinistra – favorendo così anche il senso di responsabilità reciproca), e poi direttamente con l’aiuto della staffa sinistra. Insomma: attenzione, responsabilità, impegno, fiducia! Quello che serve nella vita!
si in caso di handicap fisico o psichio grave e’ fondamentale usare ausili e selle adattate scale e altro altrimente il sogg o il cavallo sarebbero in pericolo di dolori cadute o attacchi di panico
[…] Rispetto ad una certa tendenza che mira al più alto livello di normalizzazione suggeriamo la lettura dell’articolo sull’importanza o meno di adattare le salite in sella. […]
[…] L’esposizione a patologie professionali, riconducibili soprattutto agli sforzi che inevitabilmente fanno parte della professione, rischia di evidenziarsi maggiormente in coloro che hanno delle predisposizioni a livello di struttura fisica. Anche questa variabile è da tenere in grande considerazione per non trovarsi dopo pochi anni di attività a riposo forzato (o a cambiare lavoro) per ernie o patologie come dolori alla schiena… Per questo potrebbe essere necessario demandare ad altri colleghi -magari più forti- certi sforzi o dotarsi di ausili che possano facilitare e proteggere il lavoratore (specificatamente nelle salite e discese da cavallo). […]
[…] con il cavallo da terra è possibile proporre un nuovo avvicinamento: quello per mezzo di un montatoio – in genere vengono utilizzati questi specifici ausili per facilitare le salite a persone con […]
[…] Può così diventare importante agevolare questa funzionalità della persona proponendo una salita in sella adattata alle sue specifiche esigenze. Va da se che queste specificità procedurali debbono essere simulate […]
[…] da disabilità motorie è importante aver chiare anche quelle particolari procedure relative alle salite e discese da cavallo per mezzo di specifici ausili o azioni sinergiche dei tecnici e volontari impiegati nelle attività […]