Cosa accade quando un uomo portatore di un disagio incontra un animale che in qualche modo gli trasmette la sicurezza per il superamento di limiti di ordine fisico, psicologico o emotivo?
Tutto il corso della storia umana é costellato di esempi di queste ”alleanze” extra-specifiche, spesso spontanee espressioni di incontri che hanno davvero cambiato la vita dei diretti protagonisti; non si può fare a meno di pensare ad Alessandro Magno e il suo Bucefalo anche se affiora alla mente tutta la tradizione di ricerca di un animale ”totemico”, ”guida e maestro” lungo il corso delle più remote epoche.
Abbondano altresì i racconti di viaggi di trasformazione compiuti in compagnia di animali che sembrano possedere nelle descrizioni, qualcosa di sovra-umano, come se diventassero portatori inconsapevoli di un sapere che va oltre la razionalità umana e le sue capacità critiche, di classificazione, eppur ci serve, sopratutto quando ci attanaglia un male fisico o un disagio che tutta la razionalità non riesce a vincere.
Ma come si può fare in modo che una inter-azione assuma questi caratteri “referenziali”, sostenga l’impatto di un’esperienza, stimoli la sua realizzazione?
Si prospetta la necessità di analizzare i fatti con occhio rigorosamente scientifico, sezionando le esperienze per riuscire a scindere cosa é di primaria importanza e comprendere i meccanismi che governano l’incontro di animali e uomini o é meglio affidarsi in qualche modo all’emotività, propria e di altri e riflettere sui fatti mediati da ciò che ci trasmettono sul piano emotivo/istintivo?
Le forze in campo sono forti, siamo nel regno delle emozioni profonde e il nodo sta proprio nel saperle mediare, indirizzare.
La pet-therapy credo sia uno di quegli ambiti dove é necessario avere ”un dono” per riuscire davvero ad essere incisivi. L’occhio capace di registrare ciò che avviene durante l’interazione é paragonabile all’orecchio del musicista, presuppone la presenza di un tipo particolare di intelligenza.
Deve esserci nel soggetto che intende lavorare in questo campo una sensibilità particolare ma come in tutti gli ambiti é necessario anche fare propria rigorosa disciplina, una tecnica appropriata e mediare questo con ciò che emerge dall’esperienza.
Il ”talento” che si ricerca é fatto di insight e ciò che è stata denominata ”intelligenza emotiva”, ma anche di capacità specifiche di osservazione degli animali, delle persone, del linguaggio corporale dei protagonisti diretti, che unito alla più onesta indagine scientifica, rende onore all’esperienza cogliendone tutti gli aspetti significativi e riesce poi a ricostruirla, indirizzarla, farla divenire strumento operativo nella cura o nel sostegno di un preciso essere umano in difficoltà, proponendo l’animale giusto per quella persona, le attività più idonee, il percorso giusto per gli obbiettivi che si é scelto di cercare di realizzare.
Sono veramente entusiasta dell’e-book! E’ sorprendente questo aspetto dell’equitazione, quello più genuino! Da sempre sono un’appassionata di cavalli e il mio sogno era quello di diventare ippoterapista, ancora oggi mi piacerebbe entrare a far parte di questo mondo, ippoterapia, equitazione integrata, pet therapy, tutti questi aspetti mi fanno battere il cuore, ma in Italia è possibile poter pensare a questi progetti lavorativi o siamo ancora lontani anni luce? Complimenti per il vostro lavoro! Sono una vostra ammiratrice!!! Viviana
Ciao e grazie per il tuo gentile commento!
Purtroppo siamo abbastanza lontani dal pensare di realizzare una vera e propria attività lavorativa a pieno regime in questo nostro settore; il tutto grazie ad una burocrazia abbastanza perigliosa, una sensibilità all’argomento non particolarmente forte, ma soprattutto per i tagli che -complice il periodo storico particolarmente complesso- ostacolano la realizzazione di proposte rivolte ai più deboli… Ci vuole tenacia e passione: con queste due qualità si può certamente andare avanti senza temere le difficoltà che quotidianamente un pò tutti i lavoratori del Sociale incontrano!