Sebbene i presupposti della riabilitazione equestre sono alquanto specifici ed indipendenti rispetto a quelli promossi da altri interventi di tipo educativo e del pre-sport, alcune tecniche di ippoterapia sono alla base di molte attività in sella rivolti a soggetti deboli.
Grazie ad una maggiore storicità -e di conseguenza ad un più lungo ed accurato studio scientifico che si incontra con le metodiche della generale medicina riabilitativa- la riabilitazione equestre ha investito nel tempo grandi risorse per determinare potenzialità, limiti e benefici del recupero neuromotorio di soggetti disabili attraverso il movimento del cavallo.
Anche le tecniche di ippoterapia hanno visto negli anni un progressivo miglioramento nelle procedure atte ad ottenere il massimo del ritorno sul fronte pratico-gestionale per il raggiungimento di una più spinta performance dell’utente-paziente e per facilitare l’operato del tecnico grazie anche all’introduzione di specifici ausili.
Senza cadere nell’errore di voler dare risposte definenti sulla tematica, tantomeno di far apparire questa pagina come un prontuario per giovani alchimisti a digiuno di idee nell’affrontare la professione, i nostri articoli vogliono essere puramente divulgativi e non possono sostituire una specifica formazione nel campo. Desideriamo quindi fornire alcuni spunti basilari per permettere al lettore di avere una semplice infarinatura dell’argomento.
Le basi della riabilitazione applicate al cavallo
Relativamente agli aspetti delle disabilità puramente neuromotorie le tecniche di ippoterapia da menzionare riguardano quelle procedure di facilitazione ed inibizione secondo il metodo Bobath: la particolare posizione in sella pone le basi per inibire i cosiddetti schemi patologici motori e/o posturali, e pone il soggetto in una condizione di normalizzazione degli stessi, grazie anche alla ricerca dell’allineamento dell’asse capo-tronco, allo stimolo delle reazioni di riequilibrio ed a quelle tonico-fasiche che suggeriscono una certa regolazione del tono muscolare.
Sebbene la presenza di un terapista esperto che conosce a fondo l’argomento ed è in grado di mettere in pratica queste particolari procedure riabilitative sia fondamentale, nulla può essere ottenuto senza un “motore” che fornisca quella ritmica e salutare energia per l’ottenimento di questi benefici: il movimento tridimensionale, basculato e sinusoidale del passo del cavallo.
Una delle tecniche di ippoterapia che in genere viene menzionata perché particolarmente d’impatto ed emotivamente coinvolgente è quella del maternage terapeutico: una specifica serie di procedure dove il terapista monta sul dorso del cavallo bardato con il fascione da ippoterapia (quindi niente sella) insieme al giovane paziente, aiutandolo e sostenendolo per favorire il raddrizzamento capo-tronco, stimolare azioni motorie particolari e, se il giovane cavaliere è particolarmente piccolo (sin dai 18 mesi di vita!), ripercorrendo le fasi prenatali -intrauterine- e della “venuta al mondo” tipiche del periodo perinatale per una riorganizzazione della progressiva percezione, consapevolezza e partecipazione attiva alla scoperta di tutto ciò che circonda il neonato deprivato.
Il senso comune cataloga erroneamente il maternage come “la prima fase” della riabilitazione a cavallo: nulla di più forviante se viene generalizzata a tutti i praticanti nelle fasi preliminari alle attività riabilitative in “solitaria” sulla sella!
Infatti è una procedura che viene svolta solo in particolari situazioni e non è la tappa alla quale tutti i praticanti l’ippoterapia debbono inesorabilmente vivere per dar prosecuzione alle altre fasi dell’intervento.
Questo approccio insinua il pericolo di generalizzare un intervento specifico a tutti i praticanti, senza considerare le soggettive peculiarità e caratteristiche, innescando l’errore di proporre le stesse attività a chiunque, indipendentemente da patologie, età, obiettivi ecc… Al contrario gli interventi debbono essere sempre promossi, programmati e calibrati sullo specifico soggetto secondo uno specifico programma individualizzato.
Quando si lavora con soggetti caratterizzati da disabilità motorie è importante aver chiare anche quelle particolari procedure relative alle salite e discese da cavallo per mezzo di specifici ausili o azioni sinergiche dei tecnici e volontari impiegati nelle attività in campo.
Da menzionare le salita “a duchessa” (ed “a principessa”) per far montare a cavallo soggetti in carrozzina, dove due (tre nel secondo caso) operatori si posizionano alle spalle ed ai piedi dell’utente e -con particolari accortezze ed specifiche azioni- lo sollevano (a quel punto subentra il terzo operatore nella salita “a principessa” se la persona è particolarmente pesante) per issarlo sul dorso del cavallo. Una sequenza simile ma contraria avverrà per far smontare il cavaliere una volta terminata la sua attività in sella…
Queste procedure che mettono in condizione il praticante di montare a cavallo con modalità adattate anche per ridurre l’impegno degli operatori vanno a chiudere, certamente non completano, questo tema sulle tecniche di ippoterapia applicate ad alcuni tipi di deficit. Nel seguente articolo è possibile delineare ulteriori considerazioni sull’argomento.
[…] un altro articolo abbiamo accennato a specifiche tecniche di ippoterapia particolarmente rivolte alle disabilità […]
mi sto iscrivendo al corso volontari, sono strafelice per questa decisione che ho preso…grazie di cuore
Chicca