Molti centri equestri d’Italia, soprattutto quelli a ridosso delle grandi città ed orientati alle attività sportivo-agonistiche, sono organizzati per mantenere i loro cavalli in box.
Questo essenzialmente per due motivi fondamentali: la comodità della loro gestione (anche in ragione di una certa densità della popolazione animale all’interno di queste strutture) ed una ridotta possibilità di spazi a disposizione per garantire l’opportuno bilanciamento tra esigenze logistico-strutturali e servizi da erogare alla clientela.
Non sempre però viene tenuto conto delle esigenze del cavallo in materia di benessere ed accostamento più prossimo alla sua natura…
Con tutto il rispetto delle realtà localizzate in territori limitati dal punto di vista degli spazi a disposizione, che certamente erogano un servizio di qualità e, di facile fruizione sul fronte della vicinanza alle abitazioni dei loro utilizzatori -centri che hanno formato, e continuano ad avvicinare all’equitazione molti nuovi praticanti- i sistemi di stabulazione dei loro cavalli potrebbero risultare alquanto innaturali per gli animali stessi, locatari involontari di spazi che limiterebbero di molto i loro livelli di benessere, soprattutto psicologico.
Il vivere esclusivamente in box, con sporadiche uscite per il solo lavoro (“blando” di maneggio o ippoterapia, come quello ad “alta performance” come quello di tipo agonistico), se da un lato rende il cavallo più comodo nella sua fruizione (si sporca meno, non si perde tempo ad andare a prenderlo nel recinto…), induce in molti cavalli comportamenti e ritualismi innaturali, diremmo nevrosi, come i vari tic (d’appoggio, aerofagia), o manierismi comportamentali (ballo dell’orso, aggressività…) che minano alla base lo stato psicologico dell’animale, spesso mettendolo anche in contrasto con l’uomo nella sua gestione da terra ed in sella.
Si badi bene: non si vuole indire una crociata contro i sistemi moderni di stabulazione più “costrittiva”: si desidera umilmente porre l’accento su una sensibilizzazione ulteriore rispetto alla gestione del cavallo con particolare attenzione verso il miglioramento delle sue condizioni di vita, per promuovere una più solida cultura equestre e tendere a migliorare la quotidianità del nobile animale a diretto contatto con l’uomo.
La gestione del cavallo: dalla tradizione al futuro
Non vogliamo altresì apparire come i portavoce di moderni stili e filosofie naturalistiche così tanto pubblicizzati come se fossero novità assolute, quando dalla storia e dallo studio degli antichi maestri e scudieri si trovano risposte attualissime a problemi che da seimila anni ritornano alla luce nella gestione del cavallo.
Dovendo attenerci all’oggettiva realtà di ambienti equestri realizzati con concezioni “vecchie” ed ormai fagocitati dalle grandi metropoli (“La dove c’era l’erba ora c’è… una città…” per citare il molleggiato), non potendo trasferire l’intero centro ippico (o il nostro cavallo di famiglia) in spazi rurali più aperti per troppi motivi, molti sono costretti a sottostare allo status quo.
Si può certamente tamponare seppur parzialmente il problema con azioni volte a migliorare il benessere del cavallo, come, ad esempio, il provvedere “a rotazione” alla messa in paddock dei cavalli di maneggio per alcune ore al giorno (almeno quattro) al fine di migliorarne il loro benessere. Non è la soluzione definitiva ma può certamente essere un aiuto!
Da menzionare la nuova concezione di box per cavalli specificamente pensato per quei soggetti da competizione che tendenzialmente vivono maggiormente in box, ma che è ugualmente valida anche per tutti i cavalli, indipendentemente dal loro valore intrinseco o potenzialità performative.
Si tratta di strutture nate da menti etologicamente più “consapevoli” rispetto a quella tipicamente italiana, tipiche di certe culture equestri nord europee o di oltreoceano, concepite in modo tale da rispettare tre condizioni determinanti in ragione del benessere psicofisico del cavallo stabulato in box.
Nello specifico devono garantire:
• Ventilazione. I box prevedono infatti pareti formate con apposite griglie perimetrali e di contenimento, almeno nella loro parte superiore per aumentare il riciclo d’aria e contribuire a contenere le patologie di carattere respiratorio (es. bolsaggine);
• Luminosità: questa concezione sopra descritta è efficace anche per facilitare il passaggio della luce naturale, richiamata all’interno delle scuderie di nuova generazione da un numero maggiore e più “ragionato” di finestre atte a stimolare una maggiore reciprocità del cavallo con l’ambiente esterno, incentivano a ridurre i rischi di tic nervosi dovuti a noia o patologie psicologiche e psicosomatiche di varia natura;
• Interattività tra animali: la possibilità di potersi vedere tra “vicini di box” permette l’interscambio tra cavallo e cavallo, una continuativa relazione e scambio tra soggetti prossimali e conseguente miglioramento dello stato psicofisico dei diretti interessati, pur nella “sicurezza” del non dover interagire eccessivamente sul piano fisico con potenziale pericolo dell’incolumità dei protagonisti della relazione stessa.
La casa del cavallo: box, paddock o…
Il lettore avrà già percepito che si punterà a dare risalto alla gestione del cavallo in paddock come risposta più opportuna per il benessere del nostro amico.
Al fianco delle strutture sopra descritte, sono altrettanto presenti quei piccoli-grandi centri equestri ed agriturismi che, localizzati in zone d’Italia particolarmente felici dal punto di vista orografico e della generosità di spazi a disposizione (spesso molto economici –tasse di proprietà permettendo- perché fuori mano o disposti in zone depresse, ma dalle imprevedibili potenzialità) garantiscono ampie zone di movimentazione dei loro cavalli, che spesso vivono in ambiente semibrado, sperimentando come vissuto etologico-naturalistico la più intima consapevolezza delle relazioni di branco ed il lavoro a diretto contatto con l’uomo all’occorrenza.
Da accennare la gestione del cavallo secondo i principi del “paradise paddock”: un metodo che parte da una serie di presupposti particolarmente interessanti ma non sempre di non facile esecuzione ed alla portata di tutte le tasche.
Tra i due estremi si interpongono strutture equestri non così prossimali ai grandi centri abitati, ma facilmente fruibili con un numero di chilometri tutto sommato accettabile, che offrono il riparo notturno in box e la disponibilità di ampi paddock per la quotidianità, alcuni con capannine dedite al riparo anche notturno, altri opportunamente mixati per permettere al cavallo una maggiore libertà di scelta ed autonomia.
Alcune considerazioni di tipo pratico.
Non è sempre detto che la gestione del cavallo allo stato semibrado e lontano dal box sia il meglio assoluto: certi cavalli, soprattutto avanti con l’età e con un background di vita in cattività, non amano stare troppe ore all’esterno (figuriamoci giorno e notte) poiché vivono la situazione come ansiogena in quanto lontani dal loro “nido” e sicurezza.
La gestione del cavallo in paddock deve essere ragionata e valutata attentamente sul fronte delle relazioni con i suoi simili: certamente non è auspicabile mettere insieme animali che non si conoscono o con comportamenti aggressivi o territoriali perché potrebbero farsi del gran male…
In sintesi: pur convivendo in situazioni oggettive, dove spesso si evidenziano molte criticità per il benessere del cavallo e la sua gestione “naturale” (e poi dovremmo aprire una grande parentesi se esiste ancora, o meno la natura per i cavalli… non esiste più neppure per l’uomo, che è chiamato a ritmi di vita ed impegni innaturali, figuriamoci per il cavallo!), si ritiene che esista sempre il cosiddetto “piano B”: la soluzione che, probabilmente non risolverà le cose, ma che certamente potrà contribuire a migliorarle per il benessere del cavallo e… cum grano salis!
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