Uno dei momenti più importanti quando si intraprende un percorso di ippoterapia è proprio l’inizio, ovvero la presa in carico preliminare al primo incontro di attività a diretto contatto con l’animale.
E’ questo il momento in cui vengono poste le basi per l’intero intervento: uno o più incontri conoscitivi in cui si ha un primo contatto tra il professionista, il fruitore finale dell’intervento e la sua famiglia o ente inviante.
Se parliamo infatti di terapia, cura e supporto psicologico, il percorso non può e non deve essere improvvisato. È imprescindibile per impostare l’intervento che il professionista si prenda del tempo per raccogliere informazioni sul futuro cliente, iniziare la conoscenza e cominciare a strutturare l’intervento.
Quando si va in un centro ippico per cominciare un percorso di ippoterapia, di primo impatto può sembrare strano alle famiglie: la richiesta, da parte del professionista, di incontri di presa in carico in cui parlare e confrontarsi senza che il figlio cominci subito l’attività con il cavallo, magari può essere considerata addirittura un’inutile perdita di tempo.
In realtà, è un passaggio fondamentale senza il quale non si può parlare di un cammino strutturato a favore della Persona ma di pericolosa improvvisazione.
La presa in carico: il punto di partenza per qualunque attività di supporto alla persona
La prima fase della presa in carico ha origine quando il professionista della salute -medico, psicologo, fisioterapista- incontra la famiglia e il diretto interessato all’intervento, generalmente in loco, spesso in uno spazio apposito e tranquillo del maneggio dove potersi confrontare in piena tranquillità e riservatezza.
Questa fase anticipatoria della presa in carico rappresenta un primo contatto in cui vengono acquisite informazioni sul futuro cliente, si indaga sulle motivazioni che hanno spinto a richiedere l’incontro, si verifica se ci sono invii da parte di altri professionisti e qual è il problema, dove necessario richiede eventuali cartelle cliniche da visionare e di poter interagire con altri esperti che a vario titolo hanno già in carico la persona, e si valuta la prima reazione del figlio e della famiglia con ambiente, staff e animali.
Pertanto, se esaminiamo il momento della presa in carico, ci sono alcuni punti necessari, e che ritengo imprescindibili, affinché si possa definire un intervento terapeutico, co-terapeutico o di supporto psicologico. Vediamoli in sintesi uno per uno.
Analisi della domanda
L’analisi della domanda è il primo momento di ascolto del cliente e della sua famiglia. La necessità per il professionista è di comprendere le motivazioni che sono alla base della ricerca di aiuto, cosa si vuole e cosa si cerca dal professionista stesso e le aspettative sull’intervento.
Il professionista in questa fase deve restare in ascolto per un tempo sufficiente senza predisporsi ad un immediato intervento; questo è un compito complesso e molto delicato, soprattutto perché causa un po’ di smarrimento nei genitori che al momento non capiscono perché il professionista non prenda immediatamente in mano le redini della situazione cominciando le attività.
Analisi anamnestica e della diagnosi
L’anamnesi è l’indagine effettuata dal professionista parlando con il suo futuro utente ed i suoi familiari allo scopo di raccogliere dati e notizie che possano essere utili per la diagnosi del problema.
A seconda dell’entità del problema, però, va detto che in generale è improbabile che si faccia una diagnosi in questa sede, soprattutto se il problema implica una patologia e non una difficoltà, pertanto in generale il professionista si basa sulla diagnosi con cui i cliente già arriva che è stata effettuata o verrà effettuata nelle opportune sedi, come uno studio medico o psicoterapeutico o un ambulatorio.
Proposta del percorso possibile
Affrontati i due punti precedenti, se si ritiene che ci siano gli elementi per poter effettuare un percorso di ippoterapia, il professionista procede con esporre una proposta chiara del possibile percorso a livello generale.
Ricordo qui, anche se può sembrare banale e ovvio o almeno così dovrebbe essere, che non tutti i professionisti possono occuparsi di tutto. Pertanto anche nel campo delle attività assistite con gli animali sarebbe bene collaborare in equipe o inviare ad altri laddove l’intervento non rientri nelle proprie competenze.
Gli aspetti principali che devono essere messi in evidenza sono: in cosa consiste il percorso, tempi, luoghi e attività, chi e in che modo seguirà il cavaliere, quali sono gli scopi generali inerenti al problema dell’utente con il suddetto percorso, costi e impegno richiesto.
Ovviamente il percorso che qui può essere proposto non è quello definitivo, ma è un’indicazione generale. Infatti il percorso cucito su misura sulle necessità del singolo cliente potrà essere definito, seppure con sufficiente flessibilità, solo dopo un periodo un po’ più lungo di conoscenza durante le attività.
Quindi il percorso andrà poi monitorato, verificato ed eventualmente modificato se necessario in corso d’opera.
I Documenti
A fronte del punto precedente se viene accolta la proposta di intervento, la famiglia dovrà ricevere, leggere e firmare alcuni documenti – una parte un po’ noiosa e burocratica 😀 ma estremamente importante- quali: consenso informato, privacy, regolamenti, foglio di iscrizione, tesseramento e quant’altro…
Rispondere a dubbi e domande
Questo aspetto è trasversale un pò a tutti i punti precedenti, ma è importante riservare un momento anche sollecitato per rispondere a dubbi o domande della famiglia e del fruitore.
Tutto ciò può sembrare laborioso e un freno nell’approcciare un percorso bello e importante come quello della pet therapy, invece è ciò che garantisce alle famiglie uno standard di qualità e professionalità senza il quale intraprendere l’attività può essere molto rischioso.
Dott.ssa Chiara Della Casa
Psicologa
[…] del centro che accoglie un nuovo cavaliere disabile nel differenziare il periodo introduttivo di presa in carico, dove si consolidano le basi di conoscenza reciproca tra tecnico ed utente (in genere 2-3 mesi, con […]
Si sente parlare poco di ippoterapia, anche se sono tecniche conosciute sin dagli antichi romani. Mi chiedevo se è utile per chi soffre di autismo e, in caso affermativo, quali miglioramenti è possibile aspettarsi con queste metodiche. Si può fare qualcosa in questi casi? Grazie per aver chiarito le fasi preliminari di questo percorso che, inizialmente può destare perplessità a chi non ne sa nulla.
Ciao. Abbiamo già parlato di autismo e ippoterapia in un vecchio articolo all’interno del nostro sito da dove si evince quanto il cavallo possa facilitare aspetti emozionali, relazionali e di abilità trasversali in soggetti caratterizzati da questa particolare condizione.
Invitiamo a leggere l’articolo per avere un quadro più completo.
Grazie dell’attenzione:)