Nel variegato mondo delle attività assistite dagli animali il cavallo si trova sulla sottile linea di confine tra pet therapy e qualcosa d’altro.
Il cavallo può rivelarsi un valido supporto non solo nella riabilitazione equestre tradizionale o nell’equitazione integrata (svolta in chiave ludico-educativa e socializzante) ma anche nelle attività di supporto psico-relazionale e socializzanti molto più simili alla pet therapy: sebbene non possa essere annoverato nel circuito dei “pet”, in quanto animale cosiddetto di “alta corte” e –soprattutto- “grande animale”, è la specie animale che presenta la potenzialità operativa della pet therapy con l’aggiunta eventuale di poter essere montato.
Coinvolgendo il cavallo negli interventi mediati si rischia di cadere nell’errore di pensare che tutto sia esclusivamente riconducibile al “salirgli in groppa”: questo contribuisce a confondere un intervento specifico di tipo assistenziale in un ambito di tipo pre-sportivo che poco ha a che fare con le attività assistite dagli animali e che-soprattutto- appare alquanto riduttivo.
Sebbene l’ippoterapia sia annoverata genericamente nelle diverse attività riconducibili alla pet therapy, è importante sottolineare che l’unica valenza di “pet” che il nobile animale esprime è riferita alle sole attività a terra (relazionali, ovvero quelle che escludono il montare in sella) ed alle iniziative di tipo referenziale in campo zooantropologico.
Con il nostro settore dei mediatori equestri si vuole proprio sostenere questa beneficiale valenza e potenzialità del cavallo in chiave “pet”: un approccio che avvicina tutti gli appassionati del nobile animale (non importa se abbiano o meno esperienza equestre) e che proietta il suo coinvolgimento in attività mediate secondo i principi cardine della zooantropologia didattica.
La mole del cavallo non deve essere interpretata come un ostacolo nelle attività assistite dagli animali. Il valore beneficiale nella relazione, sensorialità, in campo psicologico ed empatico che è in grado di esprimere il cavallo non è inferiore alle potenzialità delle più comuni specie coinvolte nelle attività mediate, anzi: la novità di una presenza particolarmente “ingombrante”, inusuale, diversa dal solito cane, gatto o furetto, può andare ad attivare potenzialità ed attivazioni latenti quanto inaspettate.
In aggiunta, a differenza delle altre proposte con i piccoli animali, nelle nostre abitudini tipicamente italiane (ed a differenza di molti paesi di lingua anglosassone) è il soggetto-fruitore che va ad incontrare il cavallo a casa sua, nel suo contesto ed ambiente.
Oltre alla relazione con l’animale si integra l’aspetto fondamentale dell’ambiente naturale nel quale è inserito, contribuendo a stimolare il fruitore ancor più efficacemente rispetto agli interventi in struttura.
Diciamo che questo è uno dei molti punti di forza del grande animale coinvolto negli interventi mediati: non è da escludere l’aspetto dell’imponenza e magnificenza che esprime, tutto l’immaginario ad esso associato ed un senso di rigenerata autostima nel gestirlo, condurlo, provvedere ai suoi bisogni.
L’aspetto empatico-relazionale che si crea nell’incontro con il cavallo prevede inderogabilmente una particolare modalità di approccio dettata dalla specificità delle caratteristiche e dei codici comunicativi di un animale che è preda ed è tendenzialmente timido.
Grazie a queste caratteristiche l’intervento mediato dal cavallo è particolarmente indicato nei confronti dei soggetti più deboli, adulti o bambini molto simili caratterialmente e nei comportamenti al nobile animale in quanto potenzialmente aggredibili da una Società sempre più individualistica e tendente alla performance come ultimo fine.
Le attività assistite dal cavallo in struttura: alcune criticità…
Sebbene non venga promossa, non è esclusa a priori la visita dell’animale presso scuole, centri diurni per disabili, case di riposo o ospedali, al netto delle possibili difficoltà da superare in campo burocratico-amministrativo ed igienico sanitario.
Certamente è più comodo condurre in struttura un piccolo animale rispetto ad un equino ma non impossibile: si pensi all’esperienza americana degli amici del Gentle Carousel Miniature Therapy Horses dove vengono coinvolti mini-pony di razza falabella nelle attività assistite dagli animali anche all’interno degli edifici socio-sanitari ed educativi.
Alcuni critici diranno: “Si, ma questo avviene in Florida non il Italia!”
Certamente, ma è anche vero che il Bel Paese, sebbene sia sempre un passo indietro dalle nazioni più moderne ed evolute, piano piano sta facendo alcuni importanti passi nella direzione delle innovazioni anche sul fronte dell’ingresso degli animali nelle strutture socio-sanitarie senza sottovalutare gli aspetti del loro benessere.
Un altro aspetto da non dimenticare riguarda tutte quelle condizioni etico-etologiche che debbono essere inderogabili sul fronte del rispetto dell’animale e della sua tolleranza ai fattori di stress dettati dal trasferimento in ambienti differenti e molto diversi dal contesto naturale nel quale vive il cavallo. Ma questo è un tema che probabilmente resterà aperto per molto tempo…
[…] Per maggiori elementi sulle peculiarità del cavallo in un approccio più “pet” che equestre è possibile leggere il prossimo articolo… […]
Beh, per una come me che crede fortemente nella “magia” della pet-therapy penso che riuscire a portare in struttura un pony sia bellissimo… è strano veder entrare un pony in una struttura chiusa (solitamente stanno in una stalla o in un recinto), quindi per i responsabili della struttura stessa sarà un apertura a nuove possibilità, per gli operatori pet-therapist sarà un grande passo in avanti e per gli ospiti sarà solo stupore e felicità!!!