Esistono molti modi di avvicinarsi ad un cavallo, negli ultimi anni mi è capitato di osservare varie persone mentre lo fanno. Amore, attenzione, rispetto. Tre parole che fanno la differenza e che possono dirci come sarà la relazione che si instaurerà tra noi e un animale che ci appare spesso misterioso, affascinante e che associamo all’idea di libertà.
Mi hanno insegnato che è sbagliato pensare alle nostre paure senza prendere in considerazione le sue, i nostri tempi senza rispettare i suoi, giustificare le nostre disattenzioni dimenticandoci di tutto e di tutti.
E poi c’è la paura…della sua grandezza, della sua forza, della sua imprevedibilità ma nonostante tutto vogliamo andare avanti, vogliamo conoscerlo e non ci accorgiamo che per farlo dobbiamo prima fare i conti con noi stessi, con quello che siamo e con ciò che vorremmo diventare.
Parole, pensieri, atteggiamenti che fanno la differenza e che ci permettono di percorrere una strada piuttosto che un’altra, di avere delle risposte piuttosto che altre, di instaurare relazioni speciali e non superficiali.
Con un po’ più di attenzione possiamo notare come tutte le cose che sono state menzionate non ci descrivono solo il possibile rapporto che ognuno di noi potrebbe avere con il proprio cavallo: la cura, l’attenzione e l’amore sono necessari in qualsiasi tipo di rapporto, in particolare all’inizio di ogni interazione, sono determinanti e possono aiutare tantissimo quando la nostra vita, il nostro passato in particolare è stato segnato da relazioni sbagliate, sofferenza e abbandono.
Pensiamo alla situazione specifica del bambino adottato, proviamo ad immaginare cosa può significare essere avvicinato da persone attente, amorevoli oppure da persone irruente, che pensano esclusivamente a se stesse e al soddisfacimento dei propri bisogni.
Anche qui, amore, attenzione e rispetto sono capaci di fare la differenza perché ci chiedono di pensare a chi si ha di fronte, ricordarci che il vissuto che ognuno di noi ha influisce sui nostri atteggiamenti e ci dice che risposte brusche non sempre sono indice di cattiveria, al contrario, a volte sono l’unico modo per gridare la nostra sofferenza o il nostro disagio.
Qualche anno fa mi è capitato di conoscere una persona che ha vissuto l’esperienza dell’adozione e ciò che più mi colpiva mentre parlava della sua vita era il senso di inadeguatezza che percepiva. Parlava con profonda tristezza del la sensazione che l’essere abbandonati ti lascia, del senso di colpa con cui si è trovato a convivere e di tutte le difficoltà che ha incontrato quando gli è stato offerto ma anche preteso di vivere in modo differente, di amare senza che nessuno fino a quel momento l’avesse mai fatto sentire amato.
Mi ha parlato delle difficoltà incontrate nel vivere i momenti di vita quotidiana come il mangiare e il dormire.
Più volte, in questo ultimo periodo ho pensato a come persone che hanno vissuti di questo tipo potrebbero imparare a vivere meglio, capire che è possibile avere dei legami profondi, importanti e positivi.
Un interessante tentativo lo si potrebbe realizzare con l’aiuto del cavallo: anche lui ha bisogno di attenzione, di amore e di rispetto.
Ho pensato che una persona che capisce l’importanza di queste parole e di tutto ciò che dipende dal metterle in pratica sia in grado di fare da ponte tra una situazione di svantaggio e una di serenità.
Pensiamo allo stato d’animo di un bambino adottato che deve fare i conti con una nuova famiglia, spesso un nuovo paese, una nuova cultura e che soprattutto si sente in colpa perché pensa che se è stato abbandonato probabilmente non era degno di ricevere amore.
Il cavallo aiuta la qualità della vita del bambino adottato
Proviamo ad immaginare lo stesso bambino di fronte ad un cavallo, probabilmente avrà paura di un animale cosi grande, cosi bello, cosi forte!
Pensiamo adesso se il bambino adottato conoscesse una persona che con tanta pazienza e amore lo aiuti ad avvicinarsi al cavallo, lo conduca a capire che se si prende cura del nobile animale, impara a conoscerlo, a capirlo, a dargli da mangiare quando ha fame, a pulirlo quando è sporco, a rispettare i suoi tempi, prima o poi riuscirà anche a montarci sopra con grande soddisfazione e fortificazione della sua autostima.
Tutto il tempo che il bambino adottato dedica alla cura ed all’interazione con il suo cavallo può essere associato ai momenti che ogni genitore dedica al proprio figlio nei suoi primi mesi di vita.
Di solito per una mamma il prendersi cura del proprio bambino è un atteggiamento istintivo; il bambino adottato se avesse l’opportunità di imparare a prendersi cura di un “altro” essere vivente, grande, maestoso, ma che esprime dei bisogni proprio come lui, potrebbe riceverne enormi benefici e fortificazioni d’animo.
Per farlo gli occorre l’aiuto di un tecnico competente, capace di comprendere determinate dinamiche e capire che mentre si accompagna il bambino adottato a prendersi cura del suo cavallo stiamo lavorando per il suo benessere psico-fisico, offrendogli la reale percezione di sentirsi importante nel suo percorso affettivo-empatico-relazionale, e di sentirsi finalmente adeguato e degno di essere ben voluto non solo dai genitori adottivi ma anche da tutto il contesto che gli gravita intorno.
Più avanti, quando il bimbo avrà raggiunto un buon livello di dimestichezza e sicurezza potremmo provare a farlo montare sul cavallo e a quel punto il nostro lavoro potrebbe avere come obiettivo quello di implementare ulteriormente la sua autostima ed una certa autonomia nelle interazioni, grazie alle sensazioni ed emozioni (spesso alla cui base vi è una naturale necessità di condivisione) che è possibile provare quando si riesce a gestire con facilità un animale così grande, forte… magico!
Penso che la cosa più importante per raggiungere i vari obiettivi sia lavorare tenendo sempre in considerazione l’altro, i suoi vissuti e le sue potenzialità, in una relazione d’aiuto che punti a far emergere tutte le potenzialità del fanciullo ed a sciogliere i nodi interiori che possono far parte del suo vissuto.
Per ottenere i migliori risultati non si può prescindere dal coinvolgimento diretto dei genitori adottivi: questo potrà andare nella direzione del consolidamento delle relazioni ed i ruoli intra-familiari, in un clima intimamente comunitario e facilitante.
Tutto ciò faciliterà certamente il bambino adottato nell’interiorizzazione di esperienze positive rafforzate anche dalla presenza dei nuovi genitori.
Dott.ssa Mercedes Fenude
Psicologa ed Operatore EQUITABILE®
[…] già scritto nel precedente articolo, il cavallo è sicuramente un animale emotivamente coinvolgente che può fornire un grande supporto […]
Bell’articolo e denso di indicazioni sulla relazione d’aiuto, asse portante delle attività di equitazione integrata e di ogni altra interazione con soggetti in condizione di svantaggio. Trovo molto stimolante e significativo attribuire al bambino adottato una sostanziale funzione genitoriale e al cavallo il ruolo di figlio adottivo. Un parziale scambio di ruoli, indirettamente ricollegabile alla scuola dell’attivismo di Dewey, i cui caposaldi vengono riassunti nella formula “learning by doing” (apprendere facendo). Il bambino impara ad essere genitore e a comprendere la condizione di quel papà e di quella mamma che si sono presi incondizionatamente le sue cure. Come lui, il cavallo diventa destinatario di amore, accoglienza e rispetto. Molto utile e di rinforzo la finale condivisione del rapporto con l’amico equino insieme ai genitori, a sintesi di un percorso centrato proprio sulle dinamiche affettive intrafamiliari.