Questo articolo origina da un recente intervento di Julio Velasco sui valori caratterizzanti chiunque abbia un ruolo di guida all’interno di un team, per calarli al contesto equestre: parliamo di cavalli e leadership.

Che si tratti di team building, coaching o formazione esperienziale, la presenza di elementi facilitatori (per caratteristiche intrinseche degli strumenti, ovvero per il contesto dove viene svolta l’attività) permette un più ampio sviluppo delle competenze trasversali.

Nello specifico, l’interazione con potenti mediatori dal forte impatto emozionale -i cavalli appunto- permette un incontro introspettivo con se stessi che favorisce una più profonda conoscenza e consapevolezza del proprio potenziale.

Non solo: le attività di formazione esperienziale in collaborazione con i cavalli incentivano una migliore percezione di come ci vede (ed interpreta) l’altro, il diverso da noi.

Il cavallo, attraverso risposte immediate e non sofisticate da alcun condizionamento, risponde coerentemente ai segnali che più o meno volontariamente inviamo, secondo quella naturale efficacia comunicativa che si mette in atto nell’incontro uomo-animale.

Comunicazione questa, che, unita all’intenzionalità che muove azioni e comportamenti , deve inderogabilmente essere allineata tra gli aspetti verbali e non verbali, variabili alle quali il cavallo presta così tanta attenzione.

Ma torniamo a parlare di cavalli e leadership traducendo in ambito equestre le parole del “coach” per antonomasia…

I pilastri della leadership secondo Julio Velasco

“Il leader deve essere sé stesso”: fingere di essere qualcun altro, atteggiarsi con comportamenti che non sono propri, perseguire uno stile artefatto, portano prima o poi a venire scoperti ed a veder crollare un castello di sabbia che si era costruito per senso di inadeguatezza o bassa autostima.

Nell’incontro con il cavallo non è possibile bleffare perché solo “ciò che si è veramente” emerge nella relazione stessa: aspetti riconducibili alla sfera verbale, para verbale e corporea che, se coerenti ed allineati portano al mantenimento della comunicazione efficace.

Se, invece, si manifestano elementi di incoerenza sui diversi piani della comunicazione, tensione, o comportamenti inadeguati, il cavallo reagirà in modo immediato quanto onesto, chiudendo le porte alla relazione stessa, allontanandosi e, in casi estremi, fuggendo.

Questo primo pilastro, il connubio tra cavalli e leadership, vuole quindi sottolineare quanto il Nobile Animale sia in grado di dare feedback immediati, onesti e soprattutto distaccati da qualunque sovrastruttura o condizionamento.

Nell’incontro con l’uomo, il cavallo potrà essere allineato (quindi cooperante) ovvero reattivo in relazione a ciò che gli verrà effettivamente proposto ed in funzione della modalità di approccio che l’interlocutore umano porrà in essere.

Una potente lezione volta alla conoscenza di aspetti involontari o comportamenti automatici che mettiamo in atto, che spesso minano le relazioni interpersonali e la percezione che diamo di noi al mondo esterno.

Leadership: Autorevolezza, convincimento e giustezza

Nell’interessante articolo degli amici di businessgentlemen.it, per Velasco un buon leader deve essere autorevole, ovvero deve conoscere nei minimi termini gli aspetti di una tematica o argomento riferito al suo ruolo, obiettivo o responsabilità.

Questo significa “mettersi in gioco” ed aprirsi alle diverse situazioni volte ad integrare vecchie con nuove conoscenze, confrontandosi anche con i subordinati e, soprattutto, studiando e sperimentando direttamente.

Un leader illuminato deve anche essere in grado di convincere: non con la forza dell’imposizione derivante dal suo ruolo, ma attraverso la capacità di esplicitare il suo pensiero, quindi la sua volontà, utilizzando i canali comunicativi più adeguati, plasmandosi all’interlocutore attraverso l’uso sapiente dei feedback.

Chi ha ruoli di leadership deve anche apparire giusto agli occhi dei suoi interlocutori. Deve essere serio e severo nel richiedere impegno, ma favorire un clima aperto e proattivo con -e tra- i collaboratori volto alla coesione.

Un clima interpersonale tale da permettere libertà di espressione di fronte a percezioni di ingiustizia o incomprensioni con il fine di ricondurle imparzialmente alla migliore risoluzione di un’impellenza.

Come associare cavalli e leadership a questi temi?

Sul fronte dell’autorevolezza -quindi quella predisposizione a conoscere, voler comprendere e sapere di più per poter “maneggiare” adeguatamente un argomento- il cavallo e l’equitazione in genere sono da sempre sinonimi di arte e tecnica.

Con la sola sottomissione e forza coercitiva non si può piegare un cavallo al proprio volere.

Lo spirito di autoprotezione e di difesa prima o poi certamente emergerà, facendo manifestare all’animale comportamenti reattivi forti, tanto quanto è stata forte la coercizione subita, fino al punto di divenire pericoloso ed ingestibile…

La leadership che deve essere costantemente plasmata nell’incontro con il cavallo impone una illuminata apertura mentale unita ad una costante disponibilità all’ascolto ed osservazione dei feedback.

Richiede altresì un costante studio dei rispettivi comportamenti in un inesorabile principio di azione-reazione che è alla base della relazione stessa. Uno studio che porta inesorabilmente a dover scendere a patti con se stessi, con le proprie emozioni, reazioni o abitudini.

Conoscenze ed esperienze facilitate dalla traduzione simultanea di un trainer professionista che favorisca la progressione del lavoro, volte a raccogliere nel tempo i frutti di un confronto che parte da codici comunicativi propri.

Quando si parla di cavalli e leadership l’abilità al convincimento di cinquecento o seicento chili di puro istinto deve essere l’obiettivo da perseguire. Ma come? In che modo? Con quali strumenti?

Con la forza della comunicazione efficace, fatta di poche parole, azioni corrette ed allineate allo scopo prefisso, e tanta, tanta attenzione, osservazione e capacità di ascolto di feedback che il cavallo manifesta a seguito dei nostri comportamenti ed azioni.

Appartenenza ed affettività

Il vero leader, tra le tante altre sue caratteristiche, è in grado di creare e consolidare il senso di appartenenza attraverso un collante tanto invisibile quanto potente: la sfera affettiva.

Le relazioni interpersonali si fondano sulle emozioni, quelle positive. Un insieme di persone, sebbene unite da obiettivi condivisi e ruoli definiti non sono team senza la presenza di questa potente amalgama che tiene insieme.

Questo perché l’uomo è animale sociale!

Il cavallo è ugualmente affine all’uomo sul fronte della socialità. I sentimenti di piacere e di benessere che derivano dall’incontro tra uomo ed animale vengono espressi attraverso le emozioni e l’affettività in particolare.

Il prendersi cura dell’animale, accarezzarlo, le esperienze sensoriali associate alla sua vicinanza e contatto sono alla base delle cosiddette pet therapy e lavorano non solo sulla gestione dello stress e del benessere psicologico in generale.

Il contatto con un “pet” favorisce anche la regolarizzazione dei livelli basali fisiologici, grazie alla produzione degli ormoni del piacere.

Stimolare le componenti affettivo-relazionali grazie all’apporto e facilitazione della relazione con un animale andrà quindi a consolidare i livelli di autostima della persona, facendo emergere di riflesso le emozioni latenti, quindi gli aspetti riconducibili all’affettività pro sociale.

E’ quindi evidente quel principio di concatenata interdipendenza tra emozioni-affettività-relazioni positive promosso attraverso un progetto che unisca cavalli e leadership.

Cavalli e leadership: il valore più importante

“Occorre definire un preciso metodo di lavoro che sia aperto, inclusivo e che valorizzi le diversità all’interno dell’azienda, perché la prima complessità nel gestire gli altri sta proprio nel capire che sono “altri”, che sono diversi.”

Julio Velasco

Questa è forse la frase più illuminante che è a fondamento di qualunque relazione sociale. Associata al contesto della gestione e guida dei team rappresenta il confine tra un buon leader da un semplice “capo”.

E’ principio che si sposa perfettamente con il nostro contesto equestre rendendo l’incontro tra cavalli e leadership l’allegoria più potente ed efficace per parlare di inclusione, diversità e raggiungimento di obiettivi.

Il cavallo è il diverso per eccellenza: è una preda, e come tale si comporta per garantire la sua sopravvivenza.

Spesso appare strano, matto, imprevedibile. Nei fatti questa è la sua strategia per affrontare quel nuovo che interpreta di default come potenzialmente pericoloso, quindi da evitare.

Il suo modo di vivere il qui ed ora, l’utilizzo di codici comunicativi differenti da quelli umani, la priorità agli aspetti non verbali e della comunicazione corporea lo rendono “diverso” da noi.

E’ questo l’elemento che è alla base dei nostri progetti indirizzati alla diversity and inclusion ma che è base fondativa del principio evidenziato da Velasco dell’importanza di riconoscere l’altro, il diverso da noi.

Questo per accoglierlo e favorire la conoscenza, l’espressione di bisogni ed aspettative, incentivare la libera espressione, quindi il potenziale silente ed i talenti di ogni componente di un team.