Come già ampiamente descritto in precedenza, è importante prestare una particolare attenzione verso i fratelli dei bambini disabili, soggetti che vivono un disagio “silente” nella loro esperienza di convivenza con una disabilità in una famiglia.
Sono bambini o giovani preadolescenti che spesso richiedono altrettante attenzioni, pur inascoltati o solo parzialmente soddisfatti nel loro bisogno di considerazione ed affetto da parte dei genitori.
Si tratta di giovani che spesso all’apparenza non manifestano particolari criticità ma che possono evidenziare disagi di tipo affettivo-relazionale o di tipo comportale tali da far emergere il dubbio che esprimano in questo modo il loro malessere o bisogno di attenzioni.
Alcuni fratelli dei bambini disabili appaiono molto calmi, tranquilli, quasi invisibili, come se vivessero all’ombra delle necessità del fratello più debole; in certi casi sembra che siano consapevoli di non dover pesare ulteriormente sui genitori già oberati nei confronti del figlio speciale. Alcune volte appaiono estremamente responsabilizzati, molto più maturi della loro effettiva età anagrafica, centrati come gli stessi genitori sul fratello debole…
All’opposto, certi fratelli dei bambini disabili presentano comportamenti evidentemente compromessi, quali iperattività, istrionismo o eccessi di vario genere nella condotta, come se volessero sfidare qualcuno, o –semplicemente- evidenziare la propria presenza con una inadeguata richiesta di attenzione.
In certi casi si osservano disturbi dell’attenzione o dell’umore e, nel periodo scolastico, si possono manifestare disturbi specifici dell’apprendimento o difficoltà relazionali, del rispetto delle regole, dei ruoli e dell’altro; alcune volte sono caratterizzati da problemi della sfera affettiva ed empatica.
E’ dunque importante lavorare prevenendo queste criticità decodificando questi segnali sin dalle loro origini, con un ridimensionamento del bilancio delle attenzioni genitoriali nei confronti dei diversi ma uguali bisogni dei figli ed eventualmente con un adeguato sostegno psicologico .
Ippoterapia per i fratelli dei bambini disabili: contraddizione o opportunità?
Tra le tante attività di supporto che possono rispondere ai segnali di disagio dei fratelli dei bambini disabili vi è l’attività mediata dal cavallo.
Potrebbe apparire contraddittoria una proposta che in genere viene rivolta proprio ai bambini disabili, con il “rischio” di far sentire “disabile” il fratello “sibling” qualora accosti il cavallo alla sola attività riferita alla riabilitazione equestre.
Si ritiene che una proposta strutturata sulle soggettive esigenze, magari in momenti della settimana non espressamente dedicati all’ippoterapia (qualora questa attività venga già svolta dal fratello disabile) ed in sessioni il più possibile normalizzate, possa diventare una importante occasione di sviluppo dell’identità e della maturazione affettivo-relazionale dei fratelli dei bambini disabili.
Da questo punto di vista l’eventuale accompagnamento del fratello “sibling” alle sedute di ippoterapia dovrebbe essere opportunamente mediato dal genitore, affiancando questi momenti ad osservazioni preliminari di altre attività equestri rivolte ad altro tipo di utenza (es. la scuola pony) in modo che quest’ultimo non associ il cavallo alla sola terapia.
Una volta sciolto questo possibile nodo sarà possibile proporre un ciclo di lezioni “a” e “con” il cavallo, preferibilmente in momenti differenti all’eventuale attività riabilitativa del fratello disabile, meglio ancora sotto le direttive di differente operatore tecnico per tenere volutamente distinte le attività agli occhi del fanciullo.
Se questi presupposti verranno programmati nella modalità corretta e senza imposizioni l’avvicinamento dei fratelli dei bambini disabili ai cavalli potrà partire con il piede giusto e con importanti benefici, lontani da visioni terapeutiche o riabilitative vere e proprie, pur giovando di importanti benefici del cavallo sul piano dello sviluppo di abilità residuali.
I benefici del cavallo per lo sviluppo di abilità trasversali
L’interazione con il cavallo permette di sviluppare le componenti affettivo-relazionali ed empatiche, convogliando eventuali tensioni interne verso una proattività finalizzata alla costruzione di una relazione basata sul benessere, sulla fiducia e sull’affettività incondizionata che il cavallo è in grado di far emergere, in un clima ludico e, soprattutto, informale.
Imparare a prendersi cura del cavallo permetterà al giovane di migliorare il suo rapporto con il mondo esterno e sciogliere molti nodi interiori di carattere psicologico che manifestano molti fratelli dei bambini disabili, i cosiddetti “siblings”.
Distogliendo l’attenzione dal fratello disabile e lasciando temporaneamente da parte le relative dinamiche intra familiari, il giovane imparerà a ritagliarsi uno spazio tutto per se, riappropriandosi della sua fanciullezza e diventando protagonista delle attività insieme al suo cavallo o pony, magari sotto la supervisione e direttiva di tecnici equestri particolarmente qualificati per concentrare l’attenzione sugli aspetti riferiti al bisogno specifico, pur insegnando le tecniche equestri di base e l’approccio efficace al Nobile Animale.
Il cavallo permette una riconversione (seppur temporanea) della responsabilizzazione dei fratelli dei bambini disabili su un essere vivente diverso dal familiare debole, sul quale si potrà riporre una affettività più “ragionata” ed incondizionata, una nuova relazione –quella con il cavallo- che porterà ad un piacere che non si limiterà al “solo” montare in sella, ma che verrà integrato da una strutturazione della personalità e di abilità trasversali di tipo affettivo-empatico e relazionale.
Imparare a guidare il proprio cavallo, oltre a sviluppare sentimenti di autostima e proattività, rappresenta il paradigma del raggiungimento dell’autodeterminazione, pur mediata dalle insidie provenienti dall’esterno e dovendo costantemente mediare con le volontà ed istinti del “compagno a quattro zampe”.
Inoltre, l’andare a cavallo da importanza in chi si approccia all’equitazione: finalmente i “siblings” potranno prendere maggior consapevolezza di essere anche loro importanti e “degni” dell’orgoglio dei genitori, per consolidare in maneggio (quindi fuori dal contesto familiare, e magari in un momento strutturato tutto per loro) il rapporto con mamma e papà.
Tra i tanti benefici dell’andare a cavallo è possibile sviluppare la personalità e, attraverso specifici programmi opportunamente creati per i fratelli dei bambini disabili, è possibile porre le basi per introdurre un confronto sempre più profondo tra giovani accomunati da un’esperienza di vita simile e con bisogni ed aspirazioni particolarmente affini.
Questo permetterà il consolidamento delle relazioni esterne al maneggio con coetanei o amici con i quali potrà essere più facile confidarsi in incontri informali di mutuo supporto.
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