Quando si progettano interventi di equitazione integrata® tra giovani normodotati e diversamente abili ci si pone l’obiettivo di creare situazioni divertenti e coinvolgenti che possano stimolare la conoscenza reciproca e la piena accettazione in un clima efficace per tutti i partecipanti. Questo implica verosimilmente una certa dose di aiuto e mutuo soccorso reciproco.
La preparazione di attività inclusive deve inderogabilmente sottostare ad una programmazione mirata e lineare, fatta di un lavoro preliminare che ponga le basi per un incontro-confronto positivo: non è infatti pensabile iniziare da subito un certo intervento –soprattutto se di tipo performativo come quello equestre- unendo soggettività differenti per abilità, conoscenze, stili di vita, idee… pregiudizi.
Inoltre non tutti i giovani coinvolti possono sentirsi a proprio agio nell’incontrare ed interagire con alcune diversità. Non ci riferiamo solo alla predisposizione del soggetto normodotato verso quello debole: vi sono persone disabili che presentano oggettive difficoltà nello stare in gruppo, nel relazionarsi efficacemente con l’altro (es. autismo) o, semplicemente, nel partecipare ad attività troppo impegnative per le loro caratteristiche intellettive o comportamentali…
Non si può quindi prescindere dalle caratteristiche dei ragazzi che si vorrebbero coinvolgere in un progetto di equitazione integrata®, sottolineando che le sole buone intenzioni –per condurre a risultati sostenibili- devono essere suffragate da consapevole raziocinio ed esperienza.
Ciò che può fare la differenza relativamente alla definizione del futuro gruppo di lavoro -e conseguentemente alla scelta dei suoi membri- è l’obiettivo tecnico da voler perseguire: un conto è promuovere un progetto di avvicinamento al cavallo con la sua gestione da terra (progetti relazionali dei mediatori equestri EQUITABILE®), altra cosa è porsi l’obiettivo di creare una ripresa di equitazione integrata® (al solo passo, al passo-trotto, o alle tre andature) o una squadretta che possa fare semplici o complessi giochi interattivi…
Altro aspetto è l’età dei partecipanti: una cosa è pensare ad un micro-gruppo di bambini dai 5 agli 8-11 anni, un conto proporre interventi per preadolescenti o adolescenti… La giusta proporzione tra numero di partecipanti e personale tecnico è altrettanto fondamentale, soprattutto in relazione al rapporto tra soggetti normodotati e deboli.
L’inclusione di soggetti diversabili a cavallo: è tutta questione di metodo
Un serio lavoro preliminare di conoscenza dei singoli soggetti coinvolti, di abilitazione “minima” per giungere all’incontro (e quindi al vero lavoro di interscambio) e di individuazione dei soggetti più idonei ad intraprendere un percorso unificato è alla base di qualunque intervento inclusivo.
Sottolineando ancora una volta che non tutti i praticanti diversabili possono raggiungere questi obiettivi, la preparazione agli interventi integrati potrebbe procedere su due fronti paralleli:
• da un lato si dovranno porre le basi per una sensibilizzazione alle alterità. E’ importante stimolare i giovani ad esprimere le loro considerazioni, certezze, perplessità su temi che potrebbero essere sofisticati da pregiudizio e “sentito dire” in un clima di team building dove è lo stesso gruppo supervisionato dall’adulto a risolvere i dubbi del singolo;
• dall’altro si lavorerà per individuare i soggetti deboli che possono essere facilmente integrabili nell’azione progettuale. In questo senso le difficoltà e esigenze speciali dovranno essere facilmente sostenibili nelle attività e nel gruppo. I prerequisiti sono quindi fondamentali: la partecipazione ad un progetto di equitazione integrata® dovrà inderogabilmente prevedere un preliminare percorso di avvicinamento al cavallo ed abilitazione che abbia avuto l’obiettivo di costruire i fondamentali per l’intervento più alto (in questo senso i ragazzi che hanno raggiunto tutti gli obiettivi della rieducazione equestre e che hanno acquisito sufficienti competenze in area pre-sportiva sono i soggetti più indicati). In questo senso si andrà inoltre a favorire la creazione di quell’immagine positiva delle persone disabili voluta dall’Anno Europeo 2003.
Qualunque siano gli obiettivi tecnico-pratici da voler perseguire in un percorso unificato di equitazione integrata® sarà importante proporre attività che possano coinvolgere, stimolare e far divertire tutti i diretti interessati, riconoscendo le specifiche competenze e abilità residue, certamente agevolando quel clima di aiuto reciproco, particolarmente formativo nella costruzione della personalità ed identità dei più giovani.
In questo senso le attività aggregative proposte in maneggio possono risultare particolarmente affini al coinvolgimento diretto delle alterità per esperire situazioni e vissuti dal forte impatto educativo e relazionale.
Poste le basi per l’incontro e l’inizio dei lavori di integrazione è importante creare amicizia e puntare sull’elemento in comune che può unire l’intero gruppo: il cavallo.
Si potrebbero suggerire interventi nei quali ogni partecipante possa trovare valori comuni, simpatie, antipatie, problemi … Questo per sottolineare che ognuno è caratterizzato da emozioni, necessità, ambizioni del tutto soggettive… e che la disabilità è di secondaria importanza quando ciò che caratterizza una persona è l’insieme di tutti i suoi valori e peculiarità, tra i quali l’handicap è solo una componente, non la “qualità-etichetta” primaria.
Per concludere, un’ultima considerazione: il più alto livello di intervento in equitazione integrata® è quello che non evidenzia le difficoltà del singolo ma, anzi, pur riconoscendole è in grado di far esprimere le abilità residue e, di fronte ad oggettive evidenze, è capace di essere “riassorbito” dal sostegno dell’intero gruppo.
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