Chi lavora nel campo della riabilitazione equestre sa benissimo che vi sono circostanze nelle quali alcune procedure impongono una buona dose di fatica fisica; spesso le figure tecniche che gravitano nel setting di intervento sono in prevalenza femminili e questo può rendere ancor più difficoltoso il tutto.
Le componenti deficitarie di alcuni utenti, soprattutto se caratterizzati da impacci motori particolarmente gravi (fino alla totale impossibilità di movimento come le paralisi) diventano così delle discriminanti che debbono venire affrontate; la messa in atto di particolari accorgimenti o procedure, insieme all’utilizzo di specifici ausili possono diventare l’occasione per superare queste difficoltà e permettere un intervento efficace.
Uno dei momenti più critici nelle attività a cavallo per disabili è proprio la messa in sella; quando ci si rivolge a praticanti affetti da emiparesi -costretti a muoversi in carrozzina per l’impossibilità ad utilizzare gli arti inferiori- le azioni per permettere il montare a cavallo sono particolarmente difficoltose; difficoltà determinate da una serie di variabili, tra le quali possiamo menzionare il peso del soggetto e l’eventuale difficoltà nella divaricazione delle gambe.
Relativamente alla divaricazione degli arti inferiori è possibile pensare ad azioni svolte dal terapista per “richiamare” quella minima tonicità ed elasticità articolare atte ad affrontare positivamente la situazione equestre; rispetto alla messa in sella, sebbene esistano differenti procedure per mettere a cavallo un disabile motorio, il numero dei tecnici (e la relativa forza fisica dei singoli) opportunamente coordinati tra loro determina la buona riuscita dell’azione.
Nell’ippoterapia per disabili le tecniche che possono essere attuate sono fondamentalmente due: la salita “a duchessa” e quella “a principessa”. Nella prima è prevista la presenza di due tecnici, nella seconda di tre. Sono queste particolari procedure che prevedono azioni coordinate e sequenziali tra gli operatori che, debitamente indottrinati e sinergici tra loro, provvedono alla salita e discesa da cavallo dell’utente con paralisi (o grave difficoltà motoria) agli arti inferiori.
Sebbene sia un impegno fisico che viene diviso tra più persone l’impatto sul singolo operatore può rivelarsi dannoso a causa di sollecitazioni sulla colonna vertebrale che potrebbero evolvere nel tempo in “malattia professionale”: per ridurre questo rischio in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (vedi anche il Testo Unico 81/2008) potrebbe rivelarsi particolarmente utile l’utilizzo di un sollevatore meccanico che evita fatiche inutili da parte degli operatori preservandoli da possibili danni.
Esistono diverse soluzioni realizzabili con il semplice ingegno del “fai da te” o adattate da altre situazioni: è da dire che sono le risorse più economiche in assoluto sebbene possano risentire di criticità formali relative al collaudo o utilizzo non consono all’originaria creazione del dispositivo…
Parallelamente dispositivi creati ad hoc possono evitare queste possibili difficoltà burocratiche ma, come rovescio della medaglia, prevedono costi più evidenti che poche realtà –forse- sarebbero in grado di acquistare con risorse proprie; un investimento, certo, la cui importanza è direttamente proporzionale al numero (e tipologia) dei fruitori all’interno del centro di ippoterapia.
In genere i sistemi di sollevamento utilizzano il principio della piattaforma elevatrice o del sollevamento tramite imbracatura; entrambi necessitano sicuramente di accorgimenti ed adattamenti alla destinazione d’uso finale anche se -a nostro avviso- il migliore è ancora quello ad imbracatura.
Premesso che entrambe le soluzioni sono praticamente fisse (con tutto ciò che ne consegue in materia di pro e contro), le piattaforme elevatrici impongono dimensioni forse eccessive per consentire la presenza su di esse non solo dell’utente in carrozzina ma anche di due persone alle quali -per giunta- non viene eliminato completamente il lavoro (e la fatica) nel provvedere manualmente alla seconda parte della salita: una volta raggiunta l’altezza ottimale il personale dovrà trasferire la persona dalla carrozzina alla sella con la sola forza fisica…
Praticamente quello che si farebbe utilizzando una semplice rampa, per giunta più economica, coerente con il contesto equestre e certamente meno impegnativa da costruire e movimentare (oltre alla possibile pericolosità della piattaforma di fronte ad erronei avvicinamenti del cavallo o paure dell’animale rispetto a probabili rumori elettromeccanici dell’ausilio).
Il sistema a piattaforma elevatrice si rivela così la soluzione più efficiente e sicura anche a livello di avvicinamento e benessere psicologico del cavallo nell’accettare questa modalità speciale di salita sul suo dorso.
Desideriamo lasciare aperte alcune domande al libero commento dei lettori:
– Un sistema di sollevamento meccanico non rischia di “togliere” un po’ di dignità all’utente che si vede issare in sella in modo un pò “spersonalizzato”?
– Possono aumentare i rischi di fronte a possibili male-interpretazioni da parte del cavallo che non vede bene cosa stia succedendo sopra la sua testa??
– Quanti centri possono permettersi economicamente un investimento di questo tipo anche in relazione al fatto che -spesso- sono ospiti di altrui strutture equestri???
La sezione commenti potrà essere una valida occasione di confronto e interazione…
il primo quesito qui posto è molto complesso e interessante
So che non si dovrebbe rispondere a domanda con domanda
ma….
è davvero così scontato che essere tirati sul cavallo solo con la fatica di più operatori sia poi tanto più appagante e dignitoso per l’utente in difficoltà?
forse il ‘dover pesare’ letteralmente su altre persone che, per quanto con tutta la buona volontà e allenamento possono tentare di mascherare la fatica, comunque emetteranno qualche suono o faranno qualche espressione facciale che paleserà lo sforzo non potrebbe essere più umiliante di un momentaneo uso di mezzo meccanico?
Il renderlo spersonalizzante forse è dovuto più a come viene fatto vivere quel momento
Non mi occupo di disabilità fisiche così gravi
però sarebbe interessante su questo tema chiedere dove possibile direttamente agli utenti
con un approccio di ricerca adeguato e rispettoso ovviamente:)
non mi starò molto a dilungare.
Non è umano, non trasmette calore ed è alquanto pericoloso in caso di convulsioni e scatti vari per paure…ecc…
mai usato e mai ne chiederò l’uso per i miei ragazzi…si lavora di braccia, si lavora di cuore e si lavora in gruppo.
metodo da parte mia assolutamente bocciato. non è uno strumento nemmeno molto simpatico al cavallo stesso…..
Tra le varie descrizioni e tipologie anche io ritengo che il modello ad imbracatura sia il più efficace. In più in merito ai possibili effetti psicologici negativi ritengo che conta molto la qualità della relazione educativa tra l’educatore e l’utenza e, attraverso un approccio ludico, l’utilizzo di tale apparecchio diventerà un modo non solo comodo ma anche divertente!
Credo sia molto meno dignitoso vedere 3 operatori accanto a se che si affannano per cercare di tirar su piuttosto che avere un sollevatore meccanico che però ha anch’esso i suoi lati negativi… non credo che la maggior parte dei maneggi potrà mai permetterselo a meno che non si abbiano delle agevolazioni con determinate associazioni per cui si riesca ad avere in dotazione.. o si faccia un’investimento… ma non bisogna dimenticare che il cavallo per quanto possa esser abituato all’aggeggio ha comunque degli istinti che possono portare anche a reazioni inaspettate detto questo… concludo con un facciamo un pò più di fatica ma non mettiamo in ulteriore pericolo i nostri utenti.. non dimentichiamo che per loro già sentire il particolare movimento del cavallo è un emozione e non dimentichiamo che si rendono perfettamente conto della fatica che ci fanno fare per sollevarli ma allo stesso tempo ci apprezzano perchè è una dimostrazione di calore, di partecipazione di tener botta come loro fanno quando salgono e stanno su un cavallo…
Interessanti considerazioni; punti di vista alcune volte differenti, ma che evidenziano aspetti che soggettivamente ognuno di noi deve considerare di fronte a questo argomento. Evidentemente anche in relazione alle risorse e variabili che caratterizzano il nostro setting di intervento…
Grazie per la gentile partecipazione!!
Anche noi di AIASPORT Bologna ci sentiamo direttamente chiamati in causa, in quanto all’inizio dell’anno abbiamo ricevuto una donazione da una fondazione per l’acquisto di un sollevatore…che era stato da noi richiesto,pensando ai 4 ragazzi con gravissima disabilità motoria acquisita (post traumatizzati a seguito di incidente stradale) che hanno iniziato da noi un percorso di riabilitazione equestre e in particolare ad una nostra fedelissima socia,che cavalca da 17 anni, con una grave tetraparesi spastica, che ha dovuto sospendere la sua amata attività equestre per oltre 1 anno in quanto il suo precedente istruttore (che la metteva in sella prendendola in braccio) ha cambiato lavoro e nessun altro collega se la sentiva di prendersi questa responsabilità (ora ha ripreso a montare e viene messa in sella dal padre, sotto la nostra supervisione)….
A breve pubblicheremo un suo articolo relativo all’arrivo del sollevatre sul nostro sito…
Condivido in pieno l’idea che la persona disabile si senta più sicura e a suo agio col sollevatore piuttosto che sostenuta da tre o più operatori (che se si assentano è veramente la fine!),inoltre anche noi operatori indubbiamente ci sentiamo più sicuri con un’imbragatura che sostenga il cavaliere fintanto chè non sia completamente adagiato sulla sella, piuttosto che attivarsi freneticamente in 3 sulla cima della rampa (noi la abbiamo da circa 7 anni!) sperando e pregando che il povero cavallo non si sposti neanche di 1 cm nel fadidico momento in cui la persona viene presa in braccio e messa “di peso” sulla sella, ondeggiando nel vuoto ad oltre 2,5 metri di altezza…Ci si può chiedere: ma perchè mettere queste persone a cavallo? Il gioco ne vale la candela? A me basta vedere come brillano i loro occhi e il sorriso che emanano quando sono sopra il nostro più prezioso e amato collega, il cavallo, per dirmi: sì,nonostante i rischi, ne vale proprio la pena!
Cari tutti io sono la ragazza citata sopra che da 17 anni cavalca, e sono ben felice che la nostra associazione abbia ricevuto in dono il sollevatore. La gioia che io provo a cavalcare è indescrivibile, sono sicura che con quell’ausilio faciliteremo la nostra messa in sella senza dipendere sempre dalla forza fisica delle persone. Un grazie particolare alla fondazione di aver pensato a noi. Un saluto da un’amazzone felice di cavalcare.