Il 10 ottobre di ogni anno si celebra la Giornata mondiale della salute mentale, stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che, insieme alla Federazione Mondiale della Salute Mentale intende accrescere la consapevolezza su questioni di salute mentale, utilizzando le solide relazioni che queste organizzazioni hanno con i Ministeri della salute degli Stati Membri e la società civile in tutto il mondo.
Lo slogan “Stop exclusion. Dare to care” (contro l’esclusione, il coraggio di prendersi cura) ha segnato con forza l’invito dell’OMS a chiudere tutti gli ospedali psichiatrici ancora attivi, sia nei paesi ricchi che in quelli poveri.
In un opuscolo dell’OMS si legge:
“…In Italia la legge di riforma del 1978 ha dato avvio a un processo di superamento degli ospedali psichiatrici, con la creazione di servizi centrati sulla comunità che permettono ai pazienti di condurre la loro vita in contesti sociali normali. La città italiana di Trieste ha creato una significativa rete di servizi basati sulla comunità, appartamenti protetti e cooperative che danno lavoro a pazienti psichiatrici. L’ospedale psichiatrico di Trieste è stato chiuso e sostituito da servizi territoriali operanti 24 ore su 24.”
Questo giudizio, così lusinghiero per Trieste, rappresenta il compendio di un lavoro di trasformazione condotto nell’arco di trent’anni.
Nell’agosto 1971, Franco Basaglia assume la direzione dell’ospedale psichiatrico di Trieste. Nell’accettare l’incarico si adopera per costituire un gruppo di lavoro formato da giovani medici, sociologi, assistenti sociali, volontari e studenti provenienti da diverse città e regioni, italiane ed europee.
Anche i “matti” partecipano attivamente a questo processo di ricostruzione. Si formano gruppi di lavoro e laboratori in cui i ricoverati danno vita alle loro storie di vita precedenti al manicomio ed alla vita di cui vorrebbero riappropriarsi.
Marco cavallo: il quadrupede vero diventato simbolo di libertà ed emancipazione.
In uno di questi laboratori nasce Marco Cavallo: una grande scultura in legno e cartapesta piena di simboli riconducibili alla libertà, alle aspettative ed alla volontà di tutti i malati mentali di essere parte del mondo e non un mondo a parte.
E’ interessante sapere che questa grande scultura prende origine dal “vero” cavallo chiamato dai pazienti -appunto- “Marco“, impiegato all’interno dell’ospedale spichiatrico di Trieste tra il 1959 ed il 1973 per il trasporto della biancheria: una storia toccante, a tratti premonitrice, che diventa occasione per evidenziare il diritto di riscatto sociale e di dignità che devono essere riconosciuti a tutte le persone affette da malattia mentale.
Federica Montaldo
Operatore di Equitazione Integrata® EQUITABILE®
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