Durante l’esperienza maturata in campo educativo con un’utenza da sempre connotata da situazioni fortemente problematiche, è possibile notare in alcuni soggetti in età evolutiva un aggravamento diffuso delle condizioni di sofferenza psichica e una globale resistenza nei confronti del lavoro educativo tradizionale. Ciò si è verificato in bambini che presentano psicopatologie dell’infanzia, della fanciullezza persistenti anche nella preadolescenza, disturbi dell’apprendimento, disturbi generalizzati dello sviluppo, deficit attentivi o disturbi della condotta.
Queste situazioni sfociano in manifestazioni comportamentali inadeguate e polimorfe quali comportamenti oppositivi, aggressivi, devianti o al contrario drammaticamente passivi, depressivi manifestati spesso con ripiegamento difensivo dell’individuo rispetto alle situazioni quotidiane e ai compiti evolutivi. In questi casi in particolare si osserva una crisi del soggetto che coinvolge tre aree fondamentali per la strutturazione del’individuo:
- l’autodeterminazione
- il senso di competenza
- la competenza relazionale
Le conseguenze che spesso osserviamo nella casistica sopra citata sono le seguenti:
- l’individuo avverte di non saper affrontare efficacemente le situazioni;
- si sente debole e socialmente inaccettato;
- le relazioni sono veicolo di frustrazione;
- si avverte un diffuso senso di malessere che si può manifestare tramite una chiusura passiva o esternalizzazioni palesi quali gli atteggiamenti di sfida, l’aggressività, l’anticonformismo ostentato.
Sul piano socio – relazionale questa percezione del sé veicola l’insorgere di fenomeni quali il bullismo (creazione di stili relazionali determinati dalla prevaricazione dell’altro), il ripiego difensivo nascondendo la realtà di taluni individui giovani che, anche ove non vi siano diagnosi deficitarie, si percepiscono incapaci di prendere parte costruttivamente alle situazioni quotidiane.
Nelle condizioni di ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento, della condotta e nei casi di sofferenza psichica le situazioni di apprendimento classico provocano nel bambino deficitario esperienze di insuccesso da cui derivano alti livelli di ansia dinnanzi alla prova, ansia che genera a sua volta ulteriori fallimenti.
L’individuo “apprende” così a immaginarsi in anticipo il proprio fallimento e ad associarlo alla delusione dei propri genitori; il risultato spesso è la rinuncia dinnanzi a tutte le nuove situazioni e il ritiro: lo stimolo legato alla novità si scontra con l’ansia e genera spesso il blocco dinnanzi alla prova, che ostacolerà qualunque nuova acquisizione.
L’intervento educativo deve quindi diversificarsi e reinventarsi per andare a intervenire diffusamente su quelle situazioni determinate da condizioni soggettive ed ambientali che favoriscono l’insorgere di comportamenti disadattavi durante l’età evolutiva.
Cosa di meglio -quindi- di un ambiente strutturato che possa raggiungere importanti obiettivi educativi in un contesto informale?
A tal riguardo è ormai più che consolidato il valore motivazionale e partecipativo che la relazione con un animale può imprimere al fine di creare educazione; le attività assistite dagli animali hanno negli anni raggiunto un livello di affermazione così elevato da vedere l’interesse e una sorta di coordinamento persino da parte del Ministero della Salute.
Il cavallo nello specifico racchiude tutta una serie di potenzialità tipiche del “pet” con il valore aggiunto di poter portare: non solo la realizzazione per suo tramite di tutte quelle azioni per lo sviluppo dell’affettività, dell’autostima, dell’auto-determinazione e delle abilità residue tipiche del prendersi cura di un essere bisognoso di attenzioni, ma anche e soprattutto quell’essere “ripagati” dalla soddisfazione di montarlo e saperlo condurre in autonomia, con tutto ciò che ne consegue a livello di integrazione dell’IO e della sicurezza che ne consegue.
D’altronde il nobile animale è sempre stato associato a qualcosa di esclusivo, simbolo di libertà ma anche di potere, di magnificenza, di forza istintuale e nobiltà, in un’immaginario personale che inesorabilmente è destinato a confrontarsi con la realtà del cavallo vero, quello che ogni tanto mette in difficoltà, che spaventa di fronte a comportamenti “irrazionali”, che fa cadere…
Questo non alimenta solamente la strutturazione di una personalità matura ed efficace ma soprattutto va a lavorare sull’adattamento e plasticità del soggetto, non solo a livello comportamentale ma anche nella relazione con il mondo esterno.
L’intervento educativo mediato dal cavallo deve inderogabilmente seguire metodologie e -soprattutto- principi solidi, che possano essere validi strumenti sui quali si lavora per obiettivi dopo aver effettuato la presa in carico della persona nella sua globalità.
Per maggiori elementi atti a definire le aree sulle quali è possibile strutturare un progetto educativo equestre ed i possibili interventi associati si rimanda al seguente articolo.
Manuela Lera
Educatrice Professionale ed Operatore di Equitazione Integrata®
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