Vi sono differenti modalità di allestimento del maneggio per svolgere riprese equestri rivolte ad utenti deboli: il punto di partenza per definire quali tipi di esercizi proporre sta proprio nel Progetto Individualizzato sulla persona da trattare e nelle linee guida (definite in equipe) che determinano la modalità dell’intervento per il raggiungimento degli obiettivi preposti.
Innanzitutto il maneggio dovrebbe essere regolarmente erpicato e livellato per mantenerlo nelle migliori condizioni di utilizzo ed il posizionamento dei materiali necessari alle attività dovrebbe essere effettuato preliminarmente all’inizio delle attività con esercizi tipo che potranno successivamente venir adattati alle singole contingenze con semplicità e senza eccessivi sforzi.
Durante le prime lezioni in sella (e in tutta la fase di ippoterapia tradizionale) non è opportuno riempire il campo di materiale inutile e che potrebbe essere fonte di disturbo: non dimentichiamo che buona parte di questo tipo di intervento è volta al passaggio tra l’IO percepito e l’IO vissuto, oltre a consolidare la relazione cavallo-cavaliere-tecnico iniziata nel lavoro a terra, in una triade relazionale che sarà alla base delle potenziali attività successive.
Quando le esercitazioni volgono all’orientamento spaziale, dove l’utente dimostra di aver acquisito sufficiente consapevolezza e interazione con il contesto, l’utilizzo di un rettangolo vuoto è da ritenersi la soluzione più opportuna (al massimo si potrebbe ipotizzare la presenza dei tre grandi solidi fondamentali –cerchio, piramide e cubo- lungo la longitudinale) per concentrare l’intervento sul lavoro in pista, dove lati, angoli e lettere sono già di per se una grande occasione di interscambio; questo vale anche negli spostamenti da una parte all’altra del campo in tutte quelle fasi introduttive atte ad interiorizzare i concetti spazio-temporali di base.
Gli stessi elementi lungo la pista (lettere, disegni ed eventualmente colori associati) sono più che sufficienti per ottenere un ritorno adeguato da parte dell’utente attraverso riferimenti concreti che hanno l’obiettivo di definire i limiti del luogo di lavoro oltre i quali non è possibile andare a causa della recinzione lungo l’intero perimetro del campo.
Qualora le proposte siano finalizzate ad implementare le abilità di organizzazione spaziale, di efficacia nel fornire comandi all’animale e nella stimolazione al miglioramento dell’equilibrio, è possibile aggiungere ulteriori elementi nel campo per incentivare l’acquisizione dello schema corporeo, della lateralizzazione e della dissociazione dei singoli comparti corporei che successivamente potranno essere “aiuti” nell’eventuale guida del cavallo.
L’utilizzo di un corridoio fatto di barriere a terra o piccoli coni può diventare occasione per sviluppare ulteriore consapevolezza di una direzione da prendere, di effettuare un’azione per raggiungerlo o da realizzare al suo interno (es. fermarsi nel corridoio con la voce), per incentivare il concetto di dentro-fuori… tante attività, insomma, possono venire proposte secondo obiettivi (e modalità) differenti.
La realizzazione di barriere a terra disposte a raggiera con un elemento centrale evidente (o in modo tale da essere posizionate in modo tale da creare un esagono-ottagono) potrebbe essere un’ulteriore occasione per imparare quale braccio tirar fuori -e per quanto tempo- durante l’effettuazione del cerchio (coordinazione oculo-manuale) , sia esso proposto in una direzione piuttosto che l’altra…
La proposta di un passaggio “obbligato”, fatto con i pilieri (meglio di materiale plastico e sprovvisti di cucchiai) opportunamente protetti e sufficientemente distanziati con l’aggiunta in cima di un elemento (brusca, pallina, peluche…) da spostare da un piliere all’altro potrebbe essere una soluzione per incentivare la sequenzialità delle azioni per il raggiungimento di un compito generale più complesso.
E’ chiaro che questi sono solo alcuni spunti elencati secondo una logica di difficoltà progressiva sui possibili elementi da posizionare nel maneggio; da sottolineare che le proposte devono sempre seguire obiettivi chiari e condivisi, secondo un percorso educativo che conduca l’allievo dal facile al difficile, dal noto all’ignoto e rendendo gli esercizi realisticamente perseguibili in relazione alle abilità residue ed al bagaglio esperienziale del cavaliere stesso.
In questa sede, pur riferendoci ad attività basilari, non abbiamo volutamente concentrato l’attenzione su obiettivi di “alta abilità tecnica” rivolta a praticanti che già hanno acquisito la completa padronanza dell’animale e che svolgono un’equitazione di tipo sportivo-agonistico poiché le variabili in queste particolari situazioni sono molte e dipendenti dal tipo di specialità praticata.
Per il raggiungimento del lavoro autonomo in sella (qualora e se ne sussistano i presupposti) la strada non è semplice e soprattutto veloce; l’efficacia nell’affrontare gli esercizi e situazioni proposte dal tecnico è solo una delle tante abilità curriculari dell’allievo per giungere alla piena competenza nel condurre l’animale e non è detto che tutti i nostri cavalieri deboli possano raggiungere questo importante obiettivo a causa delle condizioni (soprattutto intellettive) che spesso li caratterizzano…
Un suggerimento è quello di non lasciare mai elementi inutilizzati al centro del maneggio: meglio sarebbe –compatibilmente con le dimensioni dell’arena e della sua disposizione- provvedere ad una “zona franca” opportunamente delimitata da recinzione (anche mobile) per posizionare non solo questi elementi non strettamente necessari all’attività del momento, ma anche i diversi sistemi di salita in sella (rampa, montatoio o sollevatore).
[…] materiale accessorio da posizionare nel campo in relazione ai differenti interventi da proporre; l’allestimento del maneggio diventa così un ulteriore elemento di progettazione preliminare agli interventi per un servizio […]
perchè le recinzioni di u maneggio sono bianche?
Bella domanda…
La motivazione più plausibile è relativa alla sua efficacia di impatto visivo: il bianco, “staccandosi” molto dai natuali colori dell’aria aperta (il verde del prato il marrone della terra o sabbia e l’azzurro del cielo), è un colore grandemente distinguibile dal cavallo che ha una capacità di discriminazione visiva particolare (in proporzione all’interno dei loro occhi hanno più “bastoncelli” di quelli presenti nell’occhio umano, quelle cellule che permettono una buona visione notturna, ma meno “coni” che non garantiscono la piena definizione dei colori).
Su queste basi si fonda per esempio una delle insidie degli ostacoli, cosiddetti “rustici”, di colore marrone-legno… quelli che confondono un pò il cavallo in fase di avvicinamento per predisporsi al salto.
Se esistono ulteriori motivazioni speriamo vengano integrate con nuovi commenti 🙂
Un saluto
Sapete indicarmi le misure più adeguate per una rampa che consenta la salita a cavallo?
Ciao!
Certamente l’altezza più opportuna è intorno agli 80 cm (max 1 metro); le dimensioni dovrebbero prevedere uno spazio sufficiente per almeno due persone (cavaliere ed operatore che aiuta): 60-80 X 1,70-1,80 cm e questo è solo riferito al piano più alto per lo svolgimento delle procedure finali di salita. Direi che ci vogliono un numero adeguato di scalini, che non siano troppo alti da rendere difficoltosa la salita ma neppure troppo bassi da rendere la base di appoggio a terra troppo imponente (la scaletta dovrebbe essere sufficientemente comoda anche da spostare….).
Tre scalini da 26 cm di altezza l’uno dall’altro e di almeno 40 cm di profondità; se necessiti di una rampa senza scale… rischia di diventare un pò lunghina a causa della necessità di non rendere il tutto troppo in pendenza: considera almeno 3.30- 4 mt. la lunghezza totale.
Mi sento di ricordare l’importanza di una buona media tra peso e comodità negli spostamenti di queste strutture (che spesso debbono venire traslati dentro e fuori dal campo di lavoro), materiali utilizzati (attenzione al legno che dura meno a causa dell’umidità) e costi di realizzazione.
Buon lavoro!