Ogni anno nascono nel nostro paese circa 40mila bambini che vengono alla luce prima della 37° settimana di gestazione. Il 13,7% di loro sono i grandi prematuri nati solo dopo 24 settimane di gravidanza e di basso peso corporeo.
Questi bambini a rischio vengono ricoverati presso le Terapie Intensive Neonatali (TIN), dove verranno aiutati nel loro difficile percorso.
Ovviamente esistono fattori di rischio per il bambino pretermine ricoverato in TIN sullo sviluppo cerebrale, sensoriale, motorio e relazionale.
Il prematuro è sottoposto ad impegni senso-motori eccessivi che determinano una perdita di benessere tutto ciò in un momento in cui lo sviluppo cerebrale è rapido, il sistema nervoso ha una grande plasticità e notevole differenziazione e viene meno la modulazione protettiva dell’ambente intrauterino.
Fra le 25 e 35 settimane di gravidanza avvengono processi maturativi anatomici e funzionali cruciali e con la nascita pretermine lo stato di stress prolungato nel quale si trova il neonato lo portano ad un grande dispendio energetico, disturbi nel ritmo sonno-veglia, difficoltà nell’istaurare relazioni, inoltre lo espone a rischio di emorragie cerebrali, necrosi della sostanza bianca che portano a sequele neurologiche maggiori come paralisi cerebrale infantile, idrocefalo, insufficienza mentale grave….
Nel 30-60% di prematuri nati prima della 30° settimana gestazionale, si sviluppano sequele neurologiche minori come alterazioni dello sviluppo percettivo, la sindrome di iperattività e deficit d’attenzione (DDAI), disordini dello sviluppo cognitivo, scarso rendimento scolastico, problemi neuropsicologici-psichiatrici durante l’adolescenza ecc….
Naturalmente, per quanto siano definite sequele neurologiche “minori”, l’impatto emotivo ed organizzativo che hanno sul bambino e sulla sua famiglia è comunque notevole.
Sindrome di Iperattività e Deficit di Attenzione
Le caratteristiche primarie della DDAI sono:
- Disattenzione
- Impulsività
- Iperattività.
Le caratteristiche secondarie invece sono:
Scarso rendimento scolastico
- Bassa autostima
- Difficoltà relazionali
- Aggressività.
Le caratteristiche primarie sono dovute alle difficoltà attentive, difficoltà nella soluzione dei problemi, scarsa motivazione e alle difficoltà emotive che incontrano i bambini che presentano tale sindrome.
I bambini iperattivi presentano adeguate risorse cognitive e affettive, sono in grado di comprendere in quali pasticci si stanno mettendo quando falliscono nell’autocontrollo,ma hanno molte difficoltà di inibizione comportamentale il che li rende troppo impulsivi.
Hanno difficoltà a rimanere attenti o a lavorare su uno stesso compito per tempo sufficientemente prolungato, sono disorganizzati e sbadati nello svolgimento delle loro attività, sono facilmente distraibili, giocano in modo rumoroso, parlano troppo e ad alta voce, non riescono a rispettare i turni e faticano a pianificare l’esecuzione delle attività.
Le difficoltà di inibizione comportamentali emergono tra i 3 e i 4 anni mentre quelle legate alla disattenzione compaiono tra i 5 e i 7 anni.
Gran parte dei bambini che hanno solo problemi di attenzione vengono individuati dagli insegnanti tra la 2° e la 3° elementare.
Esistono bambini che presentano maggiori difficoltà nell’ambito dell’attenzione e che quindi hanno problemi soprattutto nelle componenti di selezione e focalizzazione dell’attenzione, sono meno accurati nell’elaborazione dell’informazione e appaiono più ansiosi e frequentemente presentano disturbi dell’umore.
Altri bambini, invece, presentano aspetti più marcatamente orientati all’iperattività e impulsività quindi appaiono più oppositivi e a volte sviluppano aggressività. Questi bambini hanno deficit delle funzioni esecutive, sono eccessivamente sensibili ai rinforzi con difficoltà ad attendere la gratificazione, presentano deficit motivazionali e della regolazione degli stati fisiologici. Come conseguenza ci sono gli insuccessi scolastici dovuti al deficit cognitivo di elaborazione dell’informazione con tutto quello che ne consegue.
Training del bambino
Con il bambino, durante il percorso educativo, dovremo lavorare sui seguenti aspetti:
- Controllo dell’impulsività,
- Formulazione di piani d’azione
- Valutazione dei risultati e controllo della procedura utilizzata
- Gestione delle situazioni di fallimento
- Sensazione di essere attivamente responsabile dei propri risultati
- Miglioramento della competenza sociale
Training dei genitori
Di solito i rapporti tra genitori e bambini affetti da DDAI diventa frustrante per entrambi e molte volte acquista connotazioni aggressive, quindi diventa importante far partecipare al percorso educativo anche i genitori in modo che si possano sperimentare, almeno in maneggio, diversi tipi di relazioni e interazioni.
Diventerà importante quindi coinvolgere i genitori e lavorare sui seguenti aspetti educativi:
Comandi, ovvero dare al bambino istruzioni chiare e brevi
Rinforzi positivi che funzionano molto meglio e sono più gratificanti delle punizioni
Ignorare i comportamenti lievemente negativi
Non lasciare che il bambino faccia a modo suo
Usare premi e gratificazioni per i comportamenti giusti
Stabilire regole di comportamento, poche e precise.
Ovviamente il training per i genitori deve essere fatto non dando “lezioni” ma attraverso il nostro comportamento in campo con il loro figlio.
Ipotesi di lavoro in campo attraverso la mediazione del cavallo
E’ importante cercare di alternare attività motorie con attività più tranquille e teoriche, questo per aiutare il bambino nella regolazione degli stati fisiologici, nella pianificazione delle attività e nella gestione delle frustrazioni.
Si potrebbe cominciare a fare il percorso a piedi o di corsa con il bambino in campo in modo da offrirgli l’occasione di movimento, solo in un secondo tempo si potrebbe riportare su carta il percorso fatto o lavorare con schede opportunamente elaborate e personalizzare.
Altra attività potrebbe essere la pianificazione dei lavori a terra come ad esempio il grooming che può rivelarsi una valida occasione di esperienza vissuta attraverso la condivisione delle regole e dei tempi che necessariamente il cavallo ed il contesto equestre impongono.
Ricordarsi di non dare niente per scontato: stabilire le regole del maneggio (non si corre, non si urla..), rinforzare sempre i comportamenti giusti e fermare l’attività se il bambino è poco collaborativo, stanco o oppositivo.
Ricordarsi sempre che bambini e genitori osservano il nostro comportamento.
Salire a cavallo diventa un premio e un passaggio del lavoro che ci permetterà di mettere alla prova e utilizzare tutto il lavoro fatto a terra, compresa la verifica della relazione che siamo stati in grado di instaurare con il bambino.
dott.ssa Barbara D’Ulivo
Psicoterapeuta ed Operatrice di Equitazione Integrata® EQUITABILE®
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