Per parlare di riabilitazione equestre è necessario partire dal suo protagonista principale e le fondamentali relazioni empatico-affettive che si vanno ad instaurare nelle attività mediate dal nobile animale.
C’era una volta il cavallo, vicino all’uomo nelle sue battaglie, animale glorioso nelle vittorie e fedele nelle sconfitte; dotato di caparbietà, coraggio, costanza, sicurezza, sensibilità, tolleranza, semplicità, e spiccata intelligenza.
C’è oggi il cavallo, scelto come animale co-terapeuta, grazie a queste spiccate doti che, coinvogliate in tecniche ed interventi opportunamente calibrati, possono fornire grandi opportunità per il benessere ed il recupero delle abilità residue delle persone con deficit più o meno gravi.
Questo magico animale è capace di attivare un approccio partecipativo differente in base alla persona che si trova di fronte e la sua capacità di evitare il più possibile situazioni di pericolo hanno fatto si che il cavallo accompagnasse ancora il percorso dell’uomo verso la modernità. Dalla fedeltà nelle battaglie all’aiuto terapeutico/riabilitativo nelle situazioni di disabilità.
Se in un primo momento l’utilizzo del cavallo come mezzo terapeutico era qualcosa di auspicabile ma non strettamente necessario, seppur senza una normativa nazionale univoca e chiara, ad oggi la riabilitazione equestre può essere considerata come valido intervento co-riabilitativo per il supporto delle persone con disabilità fisiche e psichiche.
Grazie alle caratteristiche intrinseche dell’animale, questo tipo di approccio favorisce un miglioramento a livello neuro-motorio, senza dimenticare l’implicazione psicologica ed emotiva che si instaura nel rapporto uomo – cavallo.
Il movimento proprio del cavallo infatti, migliora l’equilibrio statico e dinamico, la tonicità muscolare, lo schema corporeo e la motricità globale ma al tempo stesso tra la persona e l’animale si instaura un rapporto particolare fatto di comunicazione non verbale e di scambi di gesti che lasciano parlare il corpo, donando quindi una dimensione non solo fisica ma anche psicologica al “qui ed ora”, creando così sensazioni piacevoli e rassicuranti.
Quest’ultimo aspetto non va trascurato specialmente quando l’intervento riabilitativo è rivolto a soggetti psicotici dove le principali manifestazioni della malattia sono il distacco dalla realtà e la mancanza di consapevolezza e presa di coscienza di sé.
Una delle caratteristiche sulle quali si vuole fondare la riabilitazione equestre, dove uno degli obiettivi primari, è il raggiungimento del benessere della persona, è il porre l’attenzione non sugli aspetti deficitari ma, anzi, concentrarsi sulle sue potenzialità, in modo che divenga egli stesso il protagonista del suo intervento.
Il fatto che la riabilitazione equestre non venga applicata “sul soggetto” ma venga praticata “dal soggetto” fa sì che la persona non si isoli e non subisca passivamente l’intervento, stimolando una forte spinta motivazionale in grado di attivare anche facoltà intellettive come la memoria, l’attenzione e la concentrazione, necessarie affinché la persona prenda coscienza di sé e della realtà che lo circonda.
Questa consapevolezza del sé è resa possibile grazie allo “shock emotivo-sensoriale” che il contatto con il cavallo suscita: le persone affette da tratti psicotici generalmente presentano una percezione sensoriale e della realtà distorta, che possono orientarsi correttamente grazie alle numerose stimolazioni che provengono dal cavallo stesso e dall’ambiente circostante in cui il setting si svolge.
In aggiunta, l’atto dell’entrare in contatto con il cavallo richiede un comportamento tranquillo, regolato, caratterizzato da stabilità emotiva e dell’umore. Seppur adeguatamente addestrato, il cavallo, rimane un animale istintuale e non tollerante di comportamenti strani e gesti incoerenti, è quindi necessario che la persona, inizialmente aiutato dal terapeuta che coordina l’intervento, sia in grado di controllare i suoi atti e le sue scelte, rendendolo così chiaramente partecipe e presente della realtà in cui è inserita.
Visti i numerosi aspetti positivi che questo approccio può portare alle persone con disabilità in generale, e alle persone con psicosi, è importante che la riabilitazione equestre si ponga in un ottica evolutiva delle tradizionali terapie, al fine di favorire la socializzazione e l’inclusione partecipativa, attraverso una disciplina sportiva come l’equitazione.
Per far si che questo accada e che questo metodo possa essere sempre più accolto come modello riabilitativo globale (ponendolo sempre in un’ottica integrata di interventi) è necessario che la visione di salute e malattia si modifichi: un approccio che non sia esclusivamente medico, con sintomi, diagnosi, trattamenti e prognosi, ma che possa integrarsi con un’ottica bio-psico-sociale come largamente espresso dall’ICF-2002, in modo che la partecipazione attiva del soggetto renda ancor più efficace il suo impegno all’interno del suo percorso di reinserimento anche attraverso la riabilitazione equestre.
dot.ssa Laura Crippa
Educatrice Professionale e Tecnico EQUITABILE®
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