Le attività mediate dal cavallo possono avere grande influenza sul miglioramento delle abilità trasversali di giovani ed adulti caratterizzati da deficit intellettivo; il binomio ritardo mentale ed ippoterapia può così vedere grandi ritorni soprattutto grazie al contesto informale ed al grande contributo del nobile animale.
Ma cos’è il ritardo mentale?
Prima di parlare di ritardo mentale e ippoterapia è il caso di dare alcuni elementi sulla particolare situazione che caratterizza probabilmente il maggior numero di soggetti che approcciano al cavallo per migliorare le loro condizioni psicofisiche.
Il ritardo mentale, altrimenti detto oligofrenia, è una situazione patologica che evidenzia un funzionamento cognitivo significativamente inferiore alla media, spesso unito a deficit sul piano affettivo-relazionale, della sfera comportamentale e, conseguentemente, con limitazioni alla partecipazione sociale del soggetto che ne è caratterizzato.
Il ritardo mentale è diagnosticato entro i 18 anni ed evidenzia difficoltà nel comportamento adattivo (l’adattarsi alle differenti situazioni nelle quali si è esposti, trovando strategie congrue per risolvere eventuali criticità) e nel raggiungimento di autonomie commisurate all’età anagrafica del soggetto; in generale si parla di deficit nel raggiungimento di una piena efficacia personale nell’affrontare le diverse situazioni della quotidianità in relazione non solo alla fascia di età di appartenenza, ma anche rispetto al contesto socio-cultural-ambientale nel quale la persona è inserita.
Il ritardo mentale rappresenta la sintesi di una serie di eventi disfunzionali che vanno a sommarsi compromettendo la regolare attività e performance del sistema nervoso centrale.
E’ individuato dal cosiddetto Quoziente Intellettivo: un coefficiente numerico che viene stabilito a seguito di specifici test ai quali viene sottoposto il soggetto debole e che permettono di definire il grado di interessamento patologico: lieve, moderato, grave, profondo o non altrimenti specificato.
I vari gradi di ritardo mentale corrispondono in genere a riduzioni progressive di abilità nelle differenti aree della funzionalità globale della persona, fino a raggiungere compromissioni talmente evidenti da necessitare continua assistenza, anche nei bisogni fondamentali del vivere quotidiano.
Al ritardo mentale possono associarsi situazioni che conducono alla disgregazione della realtà (psicosi) ed aprire le porte ai cosiddetti disturbi generalizzati dello sviluppo come il disturbo autistico.
E’ largamente provato e riconosciuto che una continua stimolazione di soggetti caratterizzati da deficit intellettivi rappresenta la strada maestra per contenere –e spesso migliorare- le abilità globali della persona debole nel tempo.
Da qui si può dedurre il perché dell’associazione tra ritardo mentale e ippoterapia: sin dal periodo pre-scolastico la possibilità di inserire differenti e motivanti attività permetterà lo sviluppo (e da adulto il mantenimento) della cognitività e di tutte quelle abilità comunicative, empatiche, relazionali, programmatiche ecc.., che sono alla base della partecipazione sociale di chiunque.
Da questo punto di vista la relazione e le attività con il cavallo rappresentano una importante opportunità di sviluppo delle abilità residuali in un contesto particolarmente efficace e coinvolgente.
Ritardo mentale e ippoterapia
Il cavallo è un animale grande e docile, che attrae per la sua imponenza unita ad una particolare socialità; in tutte le culture rappresenta il senso di libertà, la forza impetuosa ed istintuale unita alla maestosità regale domata dalla ragione, una fruttuosa esperienza di incontro che sin dalla notte dei tempi era possibile solo per pochi…
Al cavallo si associa una certa idea di nobiltà, di diversità in positivo, di capacità nello sprezzare il pericolo unite alle romantiche regole cavalleresche ormai in via di estinzione.
L’incontro con il cavallo rappresenta per chiunque una grande occasione di confronto e partecipazione attiva, intrisa di forti elementi di polarizzazione affettiva ed empatica. Quando nell’incontro con il nobile animale si approccia un soggetto caratterizzato da deficit cognitivo, i principi sopra accennati acquisiscono un valore molto più evidente perché, oltre al ben-essere suggerito dall’interazione con l’animale, si aggiungono elementi ed attività che portano a sviluppare una serie di competenze trasversali che, proprio nella persona debole, sono alla base delle sue difficoltà.
Il binomio ritardo mentale e ippoterapia è efficace perché permette di integrare abilità di tipo relazionale ed empatico. Il cavallo è presente nella relazione senza essere eccessivamente propositivo: ciò permette alla persona con deficit cognitivo di approcciarlo nei modi e tempi che gli sono propri, senza venire invasa da un eccesso di “partecipazione” da parte dell’animale che potrebbe, se non contenuta da personale esperto o mediata da un animale non idoneo, diventare persino pericolosa e controproducente.
La fisicità e l’indole del cavallo, placido e paziente nell’incontro con la persona debole, invita ad un particolare investimento di carattere affettivo. Questo conduce ad una spiccata attivazione da parte del soggetto chiamato ad interagire con l’animale e, sebbene nei primi momenti di conoscenza possano verificarsi alcune “rigidità” dettate dalla poca conoscenza ed una certa diffidenza iniziale, in genere la scintilla della novità ed una spiccata curiosità nei confronti del cavallo conducono all’instaurarsi di un forte e duraturo legame.
Già in queste fasi è possibile lavorare sulla gestione delle emozioni e sul contenimento di iniziative personali non congrue con il contesto attraverso la definizione delle principali regole alle quali è necessario attenersi per una proficua e sicura convivenza con il cavallo.
Da queste basi, e sempre partendo da una relazione “mediata” da personale specializzato e con chiari obiettivi programmatici individuati sull’esigenza della singola persona che si approccia al cavallo, è possibile progredire con tutta una serie di attività volte a migliorare non solo l’aspetto relazionale con l’animale (fatto di osservazione, decodifica di codici comunicativi differenti, rispetto delle specifiche regole di sicurezza ed interazione, e quant’altro) ma anche con i tecnici ed altri praticanti che partecipano alle attività in maneggio.
Ritardo mentale e ippoterapia indirizzano anche ad aspetti riferiti alla stimolazione della memoria e dell’attenzione: attraverso la cosiddetta “reiterazione”, il ripetere più volte e in situazioni similari le stesse azioni secondo una sequenza definita e regolamentata, porterà la persona con deficit cognitivo a consolidare azioni finalizzate al raggiungimento di uno scopo (es. pulire il cavallo o preparare il secchio con gli alimenti) e riproporlo nel tempo anche in differenti contesti.
Parallelamente è possibile sviluppare abilità di tipo esplorativo, senso-motorio, coordinativo, sequenziale, oltre ad altri aspetti quali la capacità di risoluzione di semplici problemi o pianificarne la loro evoluzione.
Attività in sella ed a terra
Fino ad ora non si è parlato dell’attività in sella: molti credono –erroneamente– che ritardo mentale e ippoterapia si esprimano al meglio nella esclusiva pratica sul cavallo.
Le cosiddette attività a terra, base sulla quale fondare l’evoluzione delle successive e possibili iniziative in sella, sono determinanti per creare quella consapevolezza, conoscenza e fiducia che saranno così importanti nelle attività successive.
Le attività a terra spesso vengono sottovalutate perché ritenute di poco valore e non giustificate dal costo che non vedrebbe “l’uso-montato” del cavallo: non vogliamo andare fuori tema parlando del “valore percepito” della nostra attività da parte dell’utenza (soprattutto dei loro genitori ed eventuali accompagnatori), desideriamo solo porre l’attenzione sul fatto che, se la proposta è sostenuta da una seria intenzionalità educativa o riabilitativa, lo svolgimento da terra o in sella delle esercitazioni dovrebbe essere indifferente se osservato in prospettiva dei bisogni reali della persona debole.
Queste attività a terra, preliminari e complementari a quelle in sella, sono alla base di quello che è forse il grande valore dell’equitazione integrata®: il prendersi cura di un essere vivente –il cavallo- che, sebbene forte e maestoso, presenta dei bisogni ai quali l’uomo deve ottemperare.
In genere i soggetti che presentano delle debolezze di tipo cognitivo sono al centro dell’attenzione dell’altro. Proprio per la caratteristica deficitaria che li contraddistingue, spesso sono oggetto di assistenza (spesso eccessiva) da parte di figure terze che ne limitano la possibilità di fare esperienze ed apprendere comportamenti e strategie.
Nell’incontro con il cavallo tutte le attenzioni storicamente “subite” vengono convogliate ad un essere più bisognoso, permettendo di “scoperchiare le pentole” e far mettere direttamente in gioco il soggetto debole e farlo sentire importante grazie all’inversione di nuovi ruoli. Questo presupposto relazionale porta a far emergere una naturale ed istintiva motivazione a fare, così importante per la stimolazione dell’iniziativa personale.
Autostima, auto-attivazione, propositività e partecipazione efficace: abilità trasversali che, unite al piacere di vivere un’esperienza in un contesto demedicalizzato e “normalizzante”, sono fondamentali per la strutturazione di una personalità partecipativa e per l’integrazione di competenze spesso deficitarie in soggetti caratterizzati da deficit intellettivi.
Le attività sul cavallo, ulteriore evoluzione del binomio ritardo mentale e ippoterapia, permettono altresì di sviluppare molte altre abilità, soprattutto quelle coordinative e di stimolare l’equilibrio della persona in sella, ma non solo.
Guidare un cavallo (accompagnati dal tecnico che garantisce la sicurezza in sella, oppure in piena autonomia) non solo conferma i temi relativi all’autostima permettendo l’apprendimento di nuovi codici comunicativi: aiuta a sviluppare abilità nell’organizzazione spazio-temporale e di orientamento all’interno del maneggio che, unite all’efficacia sempre più spinta nel condurre l’animale con un’intenzionalità sempre più partecipata e consapevole, permettono di prendere coscienza nell’interdipendenza tra due volontà che debbono sincronizzarsi opportunamente per raggiungere uno scopo comune (andare in quel particolare punto del maneggio o rallentare- accelerare ad esempio).
Montare a cavallo è anche imparare a gestire l’imprevisto: questo significa un investimento attentivo non comune se riferito a persona con ritardo mentale. Significa anche adattamento alle differenti situazioni e relazioni con diversi cavalli con i quali si ha a che fare; significa una ginnastica alle novità ed a raggiungere una certa prontezza nell’eseguire un’azione che non deve essere di tipo istintuale, ma ragionata sulla base del bagaglio esperenziale che viene progressivamente integrato con la pratica continuativa.
Questi in sintesi i punti di forza dell’incontro tra ritardo mentale e ippoterapia: questo articolo vuole essere un semplificato excursus delle potenzialità di un intervento mediato dal cavallo riferito a soggetti con deficit cognitivo, con la particolare attenzione verso quegli aspetti che possono andare a “colmare” le debolezze in un clima lontano da camici bianchi e particolarmente amichevole e sereno.
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